In questo momento migliaia di prigioniere yazide sono ancora tenute in schiavitù dallo Stato islamico (foto LaPresse)

In un video le urla di una “schiava” stuprata dallo Stato islamico

Redazione
E' una rara finestra sull’orrore della situazione, perché nemmeno gli uomini del califfo hanno mai pubblicato video o immagini delle prigioniere.

Martedì ha cominciato a circolare un video ripreso probabilmente con un telefonino di alcuni uomini dello Stato islamico che scherzano e ridono rilassati mentre in un’altra stanza, invisibile, una donna urla mentre è stuprata. Il video non è ufficiale, è informale, trovato nella memoria del cellulare di un combattente morto a Shirkat, ultima località irachena a essere strappata di mano agli estremisti. Non c’è modo di verificarne l’autenticità, ma questo è uno dei rarissimi casi in cui non importa. Sappiamo per certo che in questo momento migliaia di prigioniere yazide sono ancora tenute in schiavitù dallo Stato islamico e subiscono stupri quotidiani e urlano, anche se non le sentiamo. Esiste anche un termine arabo per loro, “sabaya”, che un giorno diventerà infame ma per adesso non lo è ancora.

 

Il video trovato è una rara finestra sull’orrore della situazione, perché nemmeno lo Stato islamico – che rivendica con orgoglio i massacri deliberati di civili e le torture sui prigionieri – ha mai pubblicato video o immagini delle schiave. Di loro si sa qualcosa soltanto grazie a chi è riuscita a fuggire oppure è stata liberata. Non si capisce bene perché il gruppo di Baghdadi non pubblicizzi di più questo suo lato di sevizie sulle donne, che pure ha tanto appeal sull’audience cui si rivolge e gioca senza dubbio un a parte nel reclutare volontari. Forse perché, più delle immagini di attentati a cui siamo assuefatti, la visione o anche soltanto le urla delle donne prigioniere ormai da due anni farebbero presa sulla coscienza internazionale e accelererebbero quelle campagne militari che stanno colpendo il gruppo nei territori in cui ha provato a diventare uno Stato.

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