Boris Johnson (foto LaPresse)

La gran rinuncia di Johnson alla leadership dei tory

Paola Peduzzi
La guerra civile annunciata dentro al Partito conservatore britannico si congela prima ancora di cominciare con la rinuncia a sorpresa dell'ex sindaco di Londra. La chance di Theresa May e il Labour in cerca di una visione

Londra. Ridono, i giornalisti, assiepati al St Ermin's Hotel dove Boris Johnson ha appena detto che non si candiderà alla leadership dei Tory britannici. "Siamo come i sondaggisti, non ci capiamo mai niente”. Tutta la storia del referendum sulla Brexit va riscritta e ripensata, nello scontro epocale tra Boris Johnson, ex sindaco di Londra, e il premier David Cameron, per ora vince lo schivo, l'amico di sempre, quello con il cuore spezzato: Michael Gove. Il ministro della Giustizia si è candidato questa mattina, a sorpresa, Boris non si candida più. Forse in questo gioco di terzi incomodi che scappano con il bottino a resistere sarà il ministro dell’Interno Theresa May, che oggi ha fatto l'elogio della sua timidezza, ha detto che se sarà leader i Tory resteranno uniti, l'articolo 50 non scatterà entro l'anno e non ci saranno elezioni anticipate – e in questa lotta nel fango di ex amici la sua calma seriosa è sembrata un regalo.

 

 

La guerra civile dentro al partito che sembrava iniziare questa mattina con la discesa in campo di Gove si è così momentaneamente congelata. Nessuno si aspettava che Gove si candidasse, è considerato “il miglior alleato di Boris Johnson”, come ha confermato al Foglio anche l’analista Tim Bale: da giorni non si fa che favoleggiare del “dream team” dei sostenitori della Brexit, il fronte più forte contro tutti gli altri aspiranti leader. Insieme faranno faville, dicevano i parlamentari tory. Ora nessuno sa cosa sarà del dream team. Secondo i bene informati, Gove ha dalla sua parte i giornali pro Brexit, come il Sun e il Mail, che lo preferiscono all’ex sindaco di Londra, e questo può avere influito sulle scelte dei leader.

 

La guerra di potere assomiglia a quella che sta compromettendo il futuro del Labour, che oggi assiste alla candidatura ufficiale di Angela Eagle, ex ministro del governo ombra di Jeremy Corbyn che sfida il suo capo – Corbyn non molla, questo si era già capito. Ma c’è una differenza tra queste due battaglie: i Tory cercano un leader, il Labour cerca ancora una visione.

 

 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi