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La politica migliore per i rifugiati c'è

Redazione
Oltre l’accoglienza, ma l’Europa senza proiezione esterna non ha scelta

La Giornata mondiale del rifugiato, per come è stata celebrata ieri dai leader europei, si è trasformata nella giornata della buona coscienza a buon mercato. Un momento per tessere le lodi dell’accoglienza degli immigrati, che addirittura secondo qualcuno sarebbe in quanto tale tra “i princìpi fondamentali della nostra civiltà”, per encomiare chi accoglie (cioè noi stessi) e per dimenticarsi di ciò che è proprio della condizione degli asilanti. Richiede infatti asilo, e deve ottenerlo, chi fugge da condizioni di violenza e guerra tali da rendergli impossibile la vita nel suo paese natale. Quella del rifugiato dovrebbe essere dunque una condizione temporanea, cui porre rimedio quanto prima non solo nel nostro interesse di paese ospite, ma innanzitutto nell’interesse dello stesso rifugiato. Questa riflessione piuttosto basilare, e umanitaria, è stata pressoché assente nella giornata di ieri. L’attenzione, da mesi, è tutta per la presunta intolleranza dell’occidente, e sulle lezioni che dovremmo apprendere guardando a paesi come Turchia e Libano, dove i rifugiati stipati nelle tendopoli sono milioni.

 

Peccato, perché i dati utili su cui riflettere, ieri, non sarebbero mancati. Un esempio? I motori principali del fenomeno delle migrazioni forzate in Europa nel 2015, secondo il rapporto annuale Global trends dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) sono i seguenti: la vicinanza a Siria e Iraq, con i loro conflitti interni, e poi le schermaglie nell’est dell’Ucraina. Secondo il rapporto, la cifra complessiva delle persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni nel 2015 è di circa 65,3 milioni di persone, in aumento rispetto ai 59,5 milioni di un anno prima. Il rapporto evidenzia che complessivamente i paesi europei hanno prodotto circa 593 mila rifugiati – la maggior parte dei quali proveniente dall’Ucraina – e accolto circa 2 milioni di rifugiati. La politica dell’accoglienza, di fronte a questi numeri, non dovrebbe essere l’unica in campo. Essa è solo un second best, alla lunga insostenibile, rispetto all’unica opzione davvero pro rifugiati che consiste nel proiettare stabilità e stato di diritto anche all’esterno dei confini europei. Per evitare, insomma, che sempre più persone siano obbligate a chiedere asilo. Tutto il resto può servire a far sentire meglio alcuni fra di noi, ma con la Giornata del rifugiato c’entra fino a un certo punto.

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