Immagine propagandistica dello Stato islamico

"La nostra battaglia"

La propaganda dello Stato islamico che seduce gli stragisti nelle nostre città

Daniele Raineri
"La nostra battaglia". Il gruppo terrorista crede nella necessità storica di compiere stragi in Europa e in America e ha in mente due precise strategie. Una abbiamo imparato a conoscerla dopo gli attacchi di novembre 2015 a Parigi. L’altra è quella che vediamo in questa pagina.

In questa pagina pubblichiamo un assaggio della propaganda dello Stato islamico circolata nelle ore successive alla strage di Orlando, quattro giorni fa in Florida. Come potete vedere, si tratta di messaggi destinati a un pubblico giovane e suggestionabile: slogan, fotomontaggi colorati, glorificazione della violenza omicida esercitata contro “i sodomiti infedeli” e disarmati come fosse un atto eroico, minacce per il futuro molto prossimo (un poster suggerisce di massacrare i manifestanti al corteo del Gay pride del 3 luglio a Toronto). A confronto di queste caramelline colorate per teenager , il tomo scritto da Adolf Hitler, il “Mein Kampf”, è un saggio polveroso di filosofia politica. Vorremmo dire che per trovare questa propaganda abbiamo frugato tra le pieghe del lato oscuro di internet, ma la verità è che questo tipo di messaggi erutta da internet, basta sapere in che direzione guardare. Un diciottenne nella media che volesse trovare la stessa propaganda e anche di più potrebbe fare meglio di noi in dieci minuti. La campagna di questi giorni è titolata: “Alle vostre porte”. In molti casi non è materiale ufficiale dello Stato islamico, ma è come se: ricalca la linea e sarebbe approvato senz’altro.

 

 

 

Tutta questa propaganda ha un filo conduttore: è destinata a un ideale “eroe solitario” che non è riuscito a raggiungere il territorio dello Stato islamico e si trova ancora in occidente. Il gruppo terrorista crede nella necessità storica di compiere stragi in Europa e in America e ha in mente due precise strategie. Una abbiamo imparato a conoscerla dopo gli attacchi di novembre 2015 a Parigi: la costruzione paziente di un network che lavora in segreto e poi compie un attentato spettacolare e ben organizzato. L’altra è quella che vediamo in questa pagina: lo Stato islamico ha costruito una piattaforma internet per esaltare tutti i gesti di violenza che sono compiuti in suo nome. Per esempio, domenica sera poche ore dopo il massacro in Florida i simpatizzanti dello Stato islamico avevano già aperto su Telegram un paio di canali dedicati allo stragista Omar Mateen (Telegram serve per scambiarsi messaggi sul telefonino, come Whatsapp, con in più la possibilità di aprire canali su argomenti specifici e lo Stato islamico ci va a nozze, a dispetto degli sforzi dei gestori di Telegram di fare pulizia). Qui accanto potete vedere il manifesto pubblicitario che ha annunciato un video di cinque minuti prodotto in poche ore da un gruppo di simpatizzanti che si fa chiamare al Battar. Il video esalta Omar Mateen come “uno dei leoni dello Stato islamico, pronto a ripristinare l’onore della Umma (la comunità mondiale dei credenti musulmani) e a vendicare la morte dei musulmani. Ha choccato l’America infedele e ne ha versato il sangue…”. Insomma: lo Stato islamico ha perfezionato un sistema di esaltazione e riconoscimento che è il sogno di ogni narcisista violento, a cui basterà sottomettersi al califfo anche soltanto con una telefonata pubblica per vedersi ricambiato con una campagna pubblicitaria mondiale.

 

Lo schema della propaganda è per lo più lineare: foto di un combattente in posa virilmente solitaria sovrapposta a qualche simbolo dell’occidente messo lì a rappresentare il bersaglio: il Campidoglio americano, il Colosseo, la torre di Pisa, la torre Eiffel. A volte l’uomo ha un fucile d’assalto, altre volte un coltello, altre una cintura esplosiva. Lo scopo della campagna è provocare una rappresaglia per fermare le operazioni militari contro lo Stato islamico, e in questo senso è descritta come una campagna di attentati di difesa (“lo faccio per quello che succede in Siria”, dichiarano gli attentatori). Ma il gruppo ha una natura espansiva – come dice il suo stesso motto “baqiya wa tatamaddad”, restare ed espandersi –, e se non ci fossero le operazioni militari proseguirebbe la sua guerra di conquista come nel 2014.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)