In Turchia ora si accusa apertamente la Germania per gli ultimi attentati terroristici

Mariano Giustino
La copertina choc di Güneş, giornale filo governativo, con la foto dell’esplosione di martedì scorso e sopra scritto: “E’ un lavoro tedesco”. Si pesca nella sempre più potente retorica anti occidentale del presidente Erdogan.

“E’ un lavoro tedesco”. Questo il titolo, a caratteri cubitali, sulla prima pagina del quotidiano filogovernativo turco Güneş. Il riferimento è al terribile attentato con autobomba che la mattina del 7 giugno scorso ha provocato la morte di 11 persone nel centralissimo quartiere di Vezneciler di İstanbul. Secondo il quotidiano pro Erdoğan, dietro il tragico attentato vi sarebbe la mano della Germania.

 

Sempre in prima pagina, sono riportati pesanti fendenti a Berlino, accusata di “aver sempre nutrito l’organizzazione terroristica curda PKK” e di aver dato totale appoggio alle proteste di Gezi che il presidente turco Erdoğan ha sempre considerato parte di una trama mirante a rovesciare il suo governo. “Questo è operato della Germania”, si legge in un occhiello dello stesso quotidiano Güneş.

 

E ancora: “La Germania ha cercato di impedire la costruzione del terzo aeroporto e ha riconosciuto il genocidio degli armeni. E si pensa che vi sia la Germania dietro l’organizzazione terroristica che ha compiuto l’attentato del 7 giugno a İstanbul”.

 

Gia durante il suo recente viaggio in Africa, Erdoğan aveva dichiarato ai giornalisti che l’approvazione al Bundestag della risoluzione sul riconoscimento dei massacri degli armeni avvenuti tra il 1915-16 sotto l’impero ottomano era stato “frutto di una mente superiore”. Usando toni complottistici, Erdoğan accusa senza mezzi termini il governo tedesco di compiere operazioni che hanno lo scopo di destabilizzare il suo governo, manovrando oppositori politici, giornalisti e personaggi influenti dei media turchi.

 

Egli fa riferimento in particolare ad Aydın Doğan, proprietario del maggior gruppo media del paese e del prestigioso quotidiano liberal “Hürriyet”, il più letto nel paese. Doğan è accusato dal presidente turco di essere al servizio dei tedeschi attraverso gli editorialisti Ahmet Hakan e Ertuğrul Özkök, definiti dal presidente come “camerieri” del prestigioso gruppo mediatico.

 

Per Erdoğan non vi sono dubbi: tutti i media del gruppo Doğan, critici nei confronti del suo governo, sono definiti da lui come “un problema molto grave per la Turchia, almeno quanto il terrorismo”. Egli invoca contro di essi l’intervento della magistratura, sostiene infatti che “i giudici dovrebbero occuparsi dei media Doğan così come fanno col PKK e con la comunità di Fethüllah Gülen”, anch’essa considerata un’organizzazione terroristica mirante a rovesciare il governo del partito Akp da lui fondato.

 

L’opposizione in Turchia, in particolare quella filocurda e di sinistra libertaria del Partito democratico dei popoli (Hdp), è sempre più preoccupata che la crisi con la Germania che possa contribuire ad alimentare la retorica antioccidentale di Erdoğan, utilizzata per mantenere un elevato sostegno pubblico alla sua persona. Da qualche tempo Erdoğan nei suoi comizi ha perfino utilizzato apertamente espressioni di disprezzo per i valori universali della democrazia e delle libertà, da lui definiti “valori occidentali estranei alla cultura e alla storia turca”.

 

Come ha osservato recentemente Aydan Özoğuz, il commissario tedesco per l'integrazione, sul New York Times, “Erdoğan e i turchi ultranazionalisti otterranno una spinta enorme da questa crisi. «Useranno la risoluzione del Bundestag come prova di un ulteriore attacco da parte dell'Occidente alla Turchia”.

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