L'interno della Grande moschea di Cordova

Chi sta organizzando il ritorno dell'Andalusia all'islam?

Silvia Ragusa
Una felpata campagna spinge per l’islamizzazione del sud della Spagna, con molti consigli ma nessun responsabile dichiarato

Madrid. Sembra quasi di leggere quella che potrebbe essere stata la primissima bozza del libro di Houellebecq, “Sottomissione”. Lavoro garantito, università islamiche e moschee in costruzione, il tutto all’insegna di un autoritarismo rassicurante. Ma qui non siamo a Parigi. Benvenuti ad al Ándalus, la terra promessa dei musulmani e benedetta dagli ayatollah di Teheran. Che il territorio spagnolo sia appartenuto all’islam è cosa da libri di storia: secoli di dominazione araba, poi la Reconquista e l’espulsione dei moriscos nel 1492 da parte dei re cattolici Isabella e Ferdinando II. Da tempo però circola sui social network spagnoli una strana campagna pubblicitaria che offre qualsiasi tipo di opportunità di lavoro per i musulmani che vogliano stabilirsi a sud di Madrid. L’annuncio parla di “ingegneri, agricoltori, economisti e posti di lavoro per gente con esperienza e specializzata” e assicura che “un nuovo mondo pieno di opportunità di lavoro vi aspetta ad al Ándalus”, dove “il tasso di disoccupazione è sceso negli ultimi due anni del 6 per cento”. Come a dire, fedeli accorrete numerosi.

 

Basta cliccare sul sito ufficiale (alandalusislamica.com) per capirci di più: “Insha Allah, i nostri fratelli cacciati potranno tornare in Spagna, è loro diritto storico. Così anche loro potranno vivere nel paradiso chiamato al Ándalus”, si legge su una delle pagine online, dove si spiega anche come sul sito del ministero del Lavoro spagnolo si possano trovare numerose offerte interessanti, in barba al reale tasso di disoccupazione del paese che si aggira ancora attorno al 20 per cento (in Andalusia poi sfiora quasi il 30 per cento). Altre informazioni, offerte in arabo e in spagnolo, riguardano anche la possibilità di richiedere ufficialmente visti, permessi di soggiorno e la nazionalità iberica (con tanto di rimandi al ministero degli Esteri) ma anche la situazione religiosa, educativa e culturale della regione. Negli annunci c’è una certa allure di moderazione, di politicamente corretto. Anche se con dati falsi e parecchio distorti. Come quando si afferma che la comunità musulmana di al Ándalus “ha aiutato a redigere la legge sull’Educazione (la cosidetta Lomce approvata dal governo di Mariano Rajoy) per permettere l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche e private e assicurarsi il rispetto del patrimonio e dei valori dell’islam”.

 

“Insha Allah ci saranno più centri educativi  per la crescente comunità musulmana”, spiegano su Facebook, aggiungendo come al Ándalus sia la regione più avanzata in Spagna per numero di alunni che studiano religione musulmana: “Presto al Ándalus sarà il centro della cultura islamica in tutta la Spagna”.  Sul sito si sostiene anche come la comunità stia lavorando per permette ai discendenti dei mori di ottenere la cittadinanza iberica: “L’islam ha dominato in Spagna durante quasi 800 anni”. La campagna in questione, chiamata “El regreso (il ritorno ndr) a al Ándalus” è su Instagram, ha una pagina Facebook con oltre 36 mila like e quel sito, appunto, che parla di al Ándalus come del “luogo migliore del mondo”. Sul social network poi, gli anonimi amministratori della pagina – che pure condannano gli attentati di Parigi – ringraziano il sindaco di Siviglia per il suo “appoggio” nel costruire in città una moschea e pubblicano un video sul progetto di Hispan Tv – la tv pubblica iraniana in spagnolo. Insomma, se Houellebecq ha raccontato l’influenza della petromonarchia saudita sulla Francia, al Ándalus sembra più vicina agli ayatollah iraniani. Il governo spagnolo – che ha negato qualsiasi relazione – pare comunque non saperne nulla.

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