I laburisti inglesi ora se la prendono pure con McDonald's

Stefano Basilico

Fuori gli stand del fast-food dal congresso del partito. Il leader Jeremy Corbyn, allo spirito anticapitalista, aggiunge ora un quid di salutismo intollerante.

Il Partito Laburista britannico ha deciso di escludere McDonald’s dagli espositori alla conferenza nazionale del 25-28 settembre a Liverpool. La stagione dei meeting di partito rappresenta un momento centrale nella politica di oltremanica, per determinare le linee della politica nazionale, serrare le fila dei sostenitori e fare fund-raising. Gli espositori sono aziende, organizzazioni non governative, sindacati che montano i loro stand di fronte all’ingresso del salone delle conferenze. Al raduno di Liverpool sono attesi in 150 e la loro presenza è utile ai partiti per raccogliere denaro da utilizzare durante le campagne elettorali. Il costo di uno stand per la conferenza 2016 parte da 1.500 sterline fino a 13.700 sterline, con servizi aggiuntivi oltre le 6.000.

 

Il Labour ha escluso McDonald’s per i suoi standard lavorativi e i rapporti con i sindacati che, a detta dei responsabili delle esposizioni, non sono in linea con i princìpi del partito. La multinazionale americana avrebbe realizzato uno stand interattivo a supporto dei prodotti agricoli locali.

 

La posizione del Labour è stata smontata da un deputato del partito, Wes Streeting, di Ilford North, con un passato di rappresentanza studentesca e da impiegato del fast food più popolare al mondo. Streeting, in un articolo sul New Statesman, si schiera in difesa di McDonald’s, sostenendo che molti altri espositori del passato, tra cui banche, multinazionali e Ong, avevano gli stessi rapporti con i sindacati e applicavano agli impiegati contratti simili. Peraltro i criteri di selezione non sono specificati nella guida per gli espositori.  Pochi giorni fa Paul Pomroy, CEO locale di Mc Donald’s, si è impegnato a ridurre i contratti a zero ore per i suoi lavoratori. Altro elemento da tenere in considerazione: la multinazionale americana è il quarto ente per numero di impiegati al mondo, secondo uno studio della BBC del 2012. Nel Regno Unito ha assunto 85.000 persone, in particolare studenti o fasce deboli della società.

 

La decisione del cerchio magico di Corbyn ha provocato ennesimi malumori nel partito, con numerosi parlamentari che si sono espressi a favore del fast food. Micheal Dugher suggerisce ad esempio di utilizzare le 30.000 sterline che McDonald’s pagherebbe per lo stand per “assumere un direttore strategico nell’ufficio di Corbyn”. Anche la Baronessa Prosser, ex tesoriere, sostiene che il partito non sia nella posizione di rifiutare finanziamenti.

 

Corbyn vuole dimostrarsi inamovibile leader di sani princìpi e sana alimentazione. Viene da pensare che un'altra ragione sottesa al gran rifiuto sia il trend salutista che da anni pervade la politica britannica. Ossessione percettibile nelle campagne anti-tabacco e nelle sigarette più care dell’Ue, nelle accise tra le più alte nel continente sugli alcoolici, nei Thatcheriani misurini presenti in ogni pub, nel numero di bambini vegani triplicato ogni anno e nelle campagne pro-veg dell’NHS, o ancora nella battaglia anti-zucchero del tele-chef Jamie Oliver, che sul proprio sito si smentisce con ricette di torte multicaloriche.

 

In medio stat virtus e tra la cirrosi epatica e una dieta monastica c’è un oceano di possibilità. A quanto pare al capitalismo produttivo di Mc Donald’s , il vegetariano Corbyn preferisce McDonnell, il suo consigliere economico che agitava il libro rosso di Mao o la sua ministra ombra per l’Agricoltura, la vegana McCarthy, che proponeva di “trattare i carnivori come i fumatori”.

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