Uomini del IX reggimento "Col Moschin"

Dopo la frenesia, lo stop

Cala il grande gelo sulla missione in Libia (ma ci sono le forze speciali)

Daniele Raineri
Roma ha spostato gli incursori assieme all’intelligence, Parigi e Londra si sono tirate indietro: “Nemmeno raid aerei”

Roma. La grande accelerazione verso un intervento a guida italiana in Libia degli scorsi mesi finisce in un voltafaccia. La Francia si è tirata fuori venerdì con un’intervista in radio del ministro degli Esteri, Jean-Marc Ayrault, che ha escluso qualsiasi azione militare contro lo Stato islamico nel paese nordafricano, raid aerei inclusi: “Se state immaginando bombardamenti o truppe a terra, non sono opzioni sul tavolo. Non è la posizione della Francia”. Il 15 marzo il governo inglese aveva già detto che “non c’è alcun piano per una missione militare in Libia”, e aveva così bloccato sul nascere un’interrogazione parlamentare che chiedeva conto di un’operazione che sui media era data per imminente.

 

Con l’instaurazione a Tripoli del governo di Accordo nazionale di Fayez al Serraj avvenuta due settimane fa si è entrati in una fase di stallo, dopo una lunga fase di iperattività in cui le fonti militari confermavano ai media che piani di intervento e reparti erano ormai pronti. A dicembre il giornale francese Le Figaro rivelava che l’intervento armato in Libia sarebbe arrivato “entro la primavera”. A fine gennaio le fonti al Pentagono del New York Times dicevano che l’inizio dei bombardamenti americani in Libia era questione “non di ore ma di settimane” e un pezzo successivo spiegava che gli aerei si preparavano a colpire “almeno 40 obiettivi” del gruppo terrorista sparsi in tutto il paese. A febbraio il Times di Londra ha scritto che mille soldati inglesi erano pronti a partire per fare parte di un contingente di cinquemila uomini guidato dall’Italia.

 

Nel nostro paese c’era lo stesso tipo di allerta. Il 20 gennaio i comandanti delle Forze speciali (Nono Reggimento d’assalto Col Moschin e Comsubin della Marina) hanno partecipato a una riunione preparatoria al ministero degli Esteri e il giorno prima avevano incontrato l’attaché militare dell’ambasciata americana a Roma – perché non è un segreto che l’Amministrazione Obama preme per un ruolo di primo piano dell’Italia in Libia. Mattia Toaldo, analista a Londra del think tank European Council on Foreign Relation, sostiene che in realtà l’intervento militare c’è, ma in scala minore: “Tutti hanno mandato le forze speciali, grazie all’espediente rodato del chiedere cento per ottenere almeno venti, e in questo momento consiglieri militari e reparti scelti italiani, americani, francesi e inglesi sono schierati nel paese”. Secondo una fonte militare del Foglio che preferisce restare anonima, da mesi alcuni incursori del Col Moschin sono stati spostati da Livorno al Comando interforze per le operazioni delle forze speciali (Cofs) all’aeroporto militare Francesco Baracca di Roma per operare in Libia assieme e sotto la responsabilità dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna), l’intelligence che si occupa delle minacce esterne. A inizio marzo il Corriere della sera ha scritto che cinquanta incursori sono partiti per raggiungere in Libia tre squadre dei servizi segreti già sul campo.

 

La settimana scorsa il sito specializzato americano Stratfor ha pubblicato un’anallisi di alcune immagini satellitari dell’aeroporto militare di Benina, a Bengasi, che conferma la presenza di forze speciali francesi in un’ala isolata e circondata da un muro nella parte sud del complesso.

 

Queste unità sono però troppo esigue per un intervento diretto contro lo Stato islamico. Secondo Toaldo, ci sono tre piani proposti da forze locali per dare l’assalto a Sirte, capitale del gruppo terrorista in Libia. Uno è affidato a Salem Joha, un ex comandante dell’esercito che ha agganci nelle milizie a Misurata. Un secondo è stato avanzato dalle milizie islamiste che fanno capo al tripolino Abdel Hakim Belhaj. Entrambi, il militare Joha e l’islamista Belhaj, sono stati di recente a Roma per incontri con il governo, a due settimane di distanza. Il terzo piano è quello di Khalifa Haftar, il generale che comanda nell’est del paese. Haftar però non passa da Roma, spera in una separazione dell’est della Libia e i suoi referenti sono al Cairo e a Parigi.

 

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)