Uomini dello Stato islamico in Sinai in un fotogramma tratto da un video di propaganda

Nel giorno della visita del re saudita in Egitto, lo Stato islamico colpisce in Sinai

Luca Gambardella
Diverse esplosioni contro un convoglio di militari. Il numero delle vittime è imprecisato. Intanto al Cairo, Salman e Sisi provano a risolvere le divergenze su Yemen, Siria e Iran. Sul piatto, un accordo da 22 miliardi di dollari

Roma. I combattenti dello Stato islamico in Egitto hanno rivendicato stamattina un attentato nella penisola del Sinai. Una serie di esplosioni ha preso di mira un convoglio che trasportava soldati egiziani, impegnati nella penisola in una vasta operazione contro il gruppo jihadista. Secondo fonti dei media locali, i militari uccisi sono cinque, 12 i feriti. La rivendicazione dello Stato islamico parla invece di 18 morti. Gli esplosivi sono stati piazzati lungo la strada che congiunge Arish a Rafah, a ovest di Sheikh Zuwayed, cittadina non lontana dalla Striscia di Gaza. Qui, a nord della penisola, le forze di sicurezza egiziane concentrano da mesi i propri sforzi nell'offensiva lanciata contro lo Stato islamico. Mercoledì scorso, ad Arish, un altro attentato rivendicato dal Califfato aveva ferito l'assistente del comandante del contingente egiziano impegnato in Sinai, il generale Yasser Hafez. Nella penisola lo Stato islamico continua a impiegare tecniche rudimentali contro l'esercito egiziano che talvolta però si rivelano efficaci. Lo scorso 20 marzo, un'imboscata molto simile a quella di oggi aveva ucciso un poliziotto e dieci militari sempre ad Arish e da allora l'esercito ha aumentato l'intensità delle operazioni militari contro i miliziani.

 



 

L'attacco di oggi coincide con la visita nel paese del re saudita Salman, che si fermerà nel paese per cinque giorni. Al Cairo è attesa la firma di accordi commerciali per un valore di circa 22 miliardi di dollari, 20 dei quali andranno a finanziare il fabbisogno petrolifero egiziano. Il resto andrà invece a finanziare lo sviluppo della regione del Sinai. Nella penisola, gli attentati dello Stato islamico hanno preso di mira il settore turistico (il caso più eclatante è quello dell'aereo russo abbattuto lo scorso ottobre) penalizzando l'economia locale.

 


L'incontro al Cairo tra re Salman e Sisi (foto LaPresse)


 

La stabilizzazione del paese è una delle priorità della corona saudita, che sin dal 2013 ha sostenuto finanziariamente il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. I rapporti tra i due paesi hanno conosciuto però un raffreddamento nell'ultimo anno. Il Cairo ha mostrato una certa reticenza nel suo coinvolgimento nella  guerra saudita in Yemen contro gli sciiti. E ancora, Sisi e Salman hanno dimostrato die avere idee distanti anche a proposito del futuro politico della Siria, dove il presidente egiziano auspica un coinvolgimento di Bashar el Assad ai negoziati di pace, un'ipotesi scartata a priori dai sauditi. Dopo la crisi diplomatica di inizio anno tra Arabia Saudita e Iran, in seguito all'esecuzione di un leader sciita a Riad, l'Egitto è stato tra i paesi arabi sunniti che ha mantenuto rapporti diplomatici con Teheran, decidenti di non chiudere il suo ufficio consolare nel paese persiano. In cambio degli aiuti economici, re Salman chiederà ora a Sisi uno sforzo maggiore nel sostenere la politica estera aggressiva di Riad nella regione e di dimostrare finalmente di essere uno dei pilastri dell'alleanza sunnita messa in piedi dall'Arabia Saudita contro il terrorismo e contro l'Iran.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.