L'avvocato brasiliano Michel Temer (LaPresse)

In Brasile avanza a colpi di impeachment la dittatura dei giudici

Eugenio Cau
Michel Temer è il grande manovratore della politica brasiliana. Vicepresidente di Dilma Rousseff, abile e spregiudicato, Temer ha passato gli ultimi due decenni avvinghiato al potere. Dal ritorno del Brasile alla democrazia, nel 1985, il partito di cui era a capo fino a martedì, il Pmdb, Partito del movimento democratico brasiliano, quasi mai è stato fuori dal goveno del paese.

Roma. Michel Temer è il grande manovratore della politica brasiliana. Vicepresidente di Dilma Rousseff, abile e spregiudicato, Temer ha passato gli ultimi due decenni avvinghiato al potere. Dal ritorno del Brasile alla democrazia, nel 1985, il partito di cui era a capo fino a martedì, il Pmdb, Partito del movimento democratico brasiliano, quasi mai è stato fuori dal goveno del paese. Si alternavano gli esecutivi, destra e sinistra si avvicendavano, il paese cresceva o decadeva, ma il Pmdb era sempre lì, forza di governo su ordinazione, pronto ad accaparrarsi ministeri, a fornire appoggi parlamentari, a creare con spregiudicatezza le coalizioni più inusitate, compresa l’ultima con il Pt della presidente Dilma Rousseff. Di questa capacità di navigare le ère della storia del paese e uscirne indenne grazie all’arte dell’intrigo e del compromesso, Temer è tra i massimi esponenti.

 

Nella House of Cards carioca è lui uno dei protagonisti principali, tanto che pareva che sarebbe sopravvissuto perfino all’inchiesta Lava Jato, la gigantesca Tangentopoli brasiliana che da due anni sta mietendo vittime ai livelli più alti del governo. Si è perfino pensato che Temer avrebbe potuto giovarsene: se Dilma Rousseff sarà fatta fuori dal procedimento di impeachment che il Parlamento sta valutando nei suoi confronti, è lui il primo in linea di successione. Ma nel Brasile degli ultimi anni, in cui una magistratura che ha studiato alla scuola di Antonio di Pietro sta accumulando potere a suon di avvisi di garanzia, e in cui dalle parti del Pt – del partito di Dilma Rousseff – si parla ormai apertamente di golpe, anche il grande manovratore è stato sovra-manovrato, appunto da un magistrato.

 


La presidente brasiliana Dilma Rousseff (foto LaPresse)


 

Martedì una sentenza giudiziaria ha imposto al Parlamento di iniziare un procedimento di impeachment contro Temer, per le stesse ragioni di Dilma: falsificazione dei bilanci pubblici. Temer ha rinunciato alla sua carica di leader del Pmdb, non a quella di vicepresidente. Questo significa che il Brasile oggi è un paese in cui le due più alte cariche dello stato corrono il rischio di essere fatte fuori dall’impeachment. Il terzo nella successione, il presidente della Camera Eduardo Cunha, anche lui del Pmdb, è indagato per corruzione.

 


Il Pmdb di Temer è un prodotto derivato dalla dittatura militare che ha governato il Brasile fino al 1985. Partito dal programma ampiamente malleabile, più pro business che pro mercato, come ha scritto l’Economist, il Pmdb ha più deputati, più senatori, più governatori, più sindaci, più iscritti di tutti gli altri partiti politici brasiliani, compreso il Pt. Con questa potenza di fuoco, ha determinato buona parte delle politiche di Dilma degli ultimi anni, ha annacquato i suoi tentativi di applicare più austerità fiscale all’economia, ha avuto una parte fondamentale nella cacciata di Joaquim Levy, il ministro delle Finanze educato alla corte dei liberisti di Chicago e chiamato un anno fa per raddrizzare i conti pubblici disastrati del paese.

 

Infine, la settimana scorsa, quando le inchieste giudiziarie, gli scandali interni e le manifestazioni di piazza contro la corruzione sembravano aver affossato il governo, con l’ennesima manovra trasformista il Pmdb è passato all’opposizione e ha iniziato a sostenere l’impeachment nei confronti di Dilma. L’ennesima mossa del manovratore, ma appunto: i magistrati sono arrivati prima. A emettere la sentenza contro Temer è stata la Corte suprema del paese, che secondo i media locali è vicina al Pt, e questo potrebbe configurare una specie di vendetta politica a mezzo giudiziario. Ma prima ancora, il Brasile sembra sempre di più un paese che sta rinunciando a pezzi di sovranità sotto i colpi della magistratura e dell’indignazione suscitata dalle inchieste. Una dittatura giudiziaria, o quasi.

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.