Tutte le contraddizioni del referendum olandese sull'Ucraina

Paola Peduzzi

Il referendum oggi in Olanda è una piccola (ma simbolica) prova generale per i fan della Brexit.

Milano. Oggi si vota in Olanda al referendum sull’accordo di associazione dell’Ucraina con l’Unione europea. E’ un referendum consultivo, siete d’accordo sì o no, e non è vincolante, cioè il processo di ratifica dell’accordo – che è già stato fatto al Parlamento europeo e in alcuni altri parlamenti nazionali – può continuare indipendentemente dall’esito del referendum. Perché organizzarla allora, questa consultazione, che rischia di far emergere, ancora una volta, l’antieuropeismo più o meno latente degli olandesi e degli altri paesi che osservano? Basta leggere come iniziava un articolo pubblicato ieri sul Guardian: “Le linee di divisione sono chiare. I sostenitori del ‘sì’ pensano che ci saranno benefici in termini di sicurezza e di commercio; gli oppositori considerano questa un’occasione per rigettare le forze poco democratiche di Bruxelles. Molti elettori sono confusi o indifferenti. No, non siamo nel Regno Unito, siamo in Olanda”.

 

Il parallelismo è così perfettamente confezionato che il capo degli indipendentisti britannici, Nigel Farage, animatore della campagna Grassroots/Leave.Eu a favore della Brexit, ha rivolto un appello agli elettori olandesi: votate “no”, fate sentire la vostra voce contro l’Europa, date al continente un assaggino di quel che accadrà il 23 giugno in Inghilterra. “Si tratta di un avvertimento all’Ue, che soffre di un deficit democratico”, ha detto uno dei direttori di GeenStijl, un sito satirico-politico noto per le sue posizioni su islam e immigrati vicino a pensatoi euroscettici: è stato GeenStijl, letteralmente “nessuno stile”, a organizzare una mobilitazione che ha portato alle 420 mila firme necessarie per organizzare il referendum.

 

La questione ucraina, che è al centro del referendum olandese, tocca altri nervi scoperti dell’Europa, primo fra tutti il rapporto con la Russia. Divisa e poco determinata, l’Ue decise di imporre sanzioni a Mosca in seguito all’abbattimento dell’aereo malese MH17 sopra al cielo dell’est ucraino (quasi trecento morti, tantissimi olandesi), nel luglio del 2014, durante i combattimenti di quella guerra mai dichiarata ma violenta tra Ucraina e Russia: è però da allora che l’Ue si tormenta sul suo rapporto con Vladimir Putin (e tra poco le sanzioni scadono, sono da rinnovare oppure no).

 


Russia, Putin all'incontro per i preparativi del Giorno della Vittoria (foto LaPresse)


 

I gruppi euroscettici che via via si stanno imponendo nel continente condividono una certa passione per il capo del Cremlino (stando alle cronache, alcuni ricevono anche sostanziosi finanziamenti dalla Russia), e il referendum olandese sembra studiato apposta per sancire – o addirittura irridere – un’ennesima frattura. Quando l’euroscettico Geert Wilders dice, come ha fatto due giorni fa parlando con il sito conservatore americano Breitbart, tendenza Trump, che l’Europa “è un mostro espansionista”, riprende una terminologia che in Russia è molto popolare: non stiamo attaccando nessuno, ci stiamo difendendo dall’aggressività europea (e occidentale).

 

Se oggi dovesse vincere il “no” al referendum olandese, il messaggio sarebbe dunque chiaro: l’euroscetticismo è più forte di qualsiasi altra questione, Putin compreso, e anzi l’asse tra euroscettici e Russia è molto solido.

 

Poi c’è il problema del quorum al 30 per cento, che potrebbe non essere raggiunto. Anche questa sarebbe una sconfitta per l’Europa, che ogni volta che si presenta in un’urna elettorale si trasforma in una garanzia di astensionismo (senza dimenticare la storia: nel 2005, l’europeissima Olanda votò contro il Trattato costituzionale dell’Ue). Anche questo non è un elemento incoraggiante per gli eurofili né per chi in Inghilterra fa campagna contro la Brexit (chiamarli eurofili è forse eccessivo). Secondo i sondaggi, il 35 per cento degli inglesi è indeciso sull’Ue, e come scriveva ieri sul Daily Telegraph Lynton Crosby, guru cameroniano che garantì il gran successo elettorale dei Tory l’anno scorso, la mobilitazione è quel che deciderà le sorti del referendum. Chi riesce a convincere gli elettori ad andare a votare vince.

 

In Olanda, le conseguenze di un’eventuale diserzione sono tutto sommato contenute, anche se simbolicamente pessime, mentre nel Regno Unito sarebbero grandi e contagiose. La piccola prova generale olandese sarà utilizzata al massimo dai sostenitori della Brexit. Il poco amore che l’Europa ha per se stessa è sulla bocca di tutti.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi