Un'operazione antiterrorismo in Spagna(foto LaPresse)

Idee per élite in assetto anti jihad

Redazione
"Le chiacchiere facili dei politici – gli appelli all’unità, le rivendicazioni del fatto che non ci arrenderemo alla paura – produrranno in futuro lo stesso effetto che hanno prodotto in passato: un bel nulla”, scrive la columnist Peggy Noonan sul Wall Street Journal.

Abbiamo scritto venerdì, su queste colonne, che alla lunga, di fronte all’efferatezza jihadista che continua a colpire nel cuore dell’Europa, “tutti sentiamo che la funzione del discorso è in esaurimento”: “Quando il discorso pubblico si estenua e perde significato, prima che nasca una reazione iperbolica e inadeguata, fatta di rifiuto e di rancore impotenti, è necessario che qualcuno, inteso come una classe dirigente responsabile, sia in grado di cambiare l’ordine del discorso. Ordini, non analisi”.

 

Peggy Noonan, commentatrice dell’aristocrazia conservatrice americana, venerdì sul Wall Street Journal offriva una prima pista che utilmente le nostre élite potrebbero battere nell’atto di mettersi in assetto anti jihad. “Le chiacchiere facili dei politici – gli appelli all’unità, le rivendicazioni del fatto che non ci arrenderemo alla paura – produrranno in futuro lo stesso effetto che hanno prodotto in passato: un bel nulla”. Piuttosto anche i calcoli aritmetici più semplici e ottimistici, applicati alla demografia islamica e alla minoranza radicalizzata e pronta al jihad, fanno intendere che “sarà una guerra lunga e difficile. Non saremo in grado di contenerli, dovremo batterli”. La Noonan, già collaboratrice di Ronald Reagan, suggerisce le parole con cui l’ex presidente repubblicano sintetizzò la strategia anti Unione sovietica: “Noi vinciamo, loro perdono”. Dove “loro” sta a indicare l’islam radicale.

 

“Le persone normali hanno visto il problema molto tempo fa, ma i leader occidentali – la classe politica, le potenze mediatiche, gli opinion maker – hanno avuto difficoltà a farci i conti. Continuo a ritenere – scrive la Noonan – che la religione per molti di loro non sia importante, perciò essi riescono a malapena a considerare che la fede possa motivare le azioni di altre persone. Un fervente cattolico, un cristiano evangelico o un ebreo devoto sarebbero in grado di prendere sul serio l’aspetto religioso in una discussione sull’Isis. Un politico americano o europeo, tendenzialmente agnostico, sarebbe meno capace; così inizierebbe a discettare: se solo offrissimo maggiori opportunità di lavoro ai giovani islamisti, o più welfare, fermeremmo questo disastro. Ma i jihadisti non si vogliono integrare. Vogliono il disastro”. Noonan ricorda come l’ex premier inglese, Gordon Brown, derise una volta un’elettrice che gli chiedeva di occuparsi di crimine, tasse e immigrazione: “Bigotta”, le disse. “Questa è la voce autentica delle élite occidentali”, conclude la commentatrice: “Non hanno il buon senso di capire che se avessero tentato con convinzione di proteggere i loro cittadini e rispettare le loro ansie, quei cittadini oggi sarebbero meno incolleriti”. E i nostri governi un po’ più pronti all’azione.