Il leader di Podemos, Pablo Iglesias (LaPresse)

Podemos, abbiamo un problema (ed è Pablo Iglesias)

Eugenio Cau

Il leader del partito antisistema spagnolo è sempre più messo in discussione per il suo atteggiamento oltranzista. Dimissioni nella dirigenza e un documento segreto.

Cosa sta succedendo a Pablo Iglesias? Il carismatico leader di Podemos, dopo una lunga partita elettorale giocata tutta in attacco, inizia a perdere pezzi nella sua squadra. Nove importanti dirigenti del partito a Madrid si sono dimessi questa settimana in polemica con il leader, compreso il segretario del partito cittadino, altri due lo avevano fatti nei giorni scorsi, e numerose defezioni sono in corso in Parlamento e nelle periferie. La più importante è quella di Jiménez Villarejo, giurista e nomina di gran rilievo per Podemos, dimessosi per le posizioni intransigenti della dirigenza.

 

Podemos sembrava pronto a fare il grande salto. Dopo un risultato molto sopra le aspettative alle elezioni del 20 dicembre (gli antisistema sono comunque arrivati tre, ma hanno ottenuto molte più preferenze di quante non pronosticassero i sondaggi), il piano di Iglesias era ormai in discesa: sostituire il Partito socialista come principale partito della sinistra spagnola. Nei sondaggi post elettorali Podemos aveva numeri ancora più alti, segno che in caso di elezioni anticipate il messaggio anticasta di Iglesias avrebbe avuto ancora presa. Poi sono iniziati gli errori tattici. Posto davanti alla possibilità di fare un governo “del cambio” con il socialista Pedro Sánchez e il ciudadano Albert Rivera, Iglesias ha rifiutato sdegnosamente moltiplicando gli attacchi. Si è fatto terra bruciata intorno in un momento in cui tutti gli chiedevano di iniziare a dialogare, perfino i suoi elettori, i quali per più di metà avrebbero voluto un accordo di governo con i socialisti. Dopo una campagna elettorale passata a riposizionarsi al centro, inoltre, Iglesias è tornato subito dopo il voto alle vecchie posizioni oltranziste, facendo storcere il naso ai molti che avevano creduto in una sua conversione più moderata.

 

Insomma, Iglesias ha iniziato il post elezioni con molti assi in mano e alla fine si è trovato senza carte da giocare. Questo non è piaciuto a molti, soprattuto al numero due del partito, Iñigo Errejón, giovanissimo professorino non meno intransigente del suo capo (anche lui, come buona parte della dirigenza di Podemos, legato al governo chavista del Venezuela) ma leggermente più aperto al dialogo, o quanto meno a tenersi buone tutte le possibilità. Nonostante i proclami di unità e amicizia che i due, Iglesias ed Errejón, hanno emesso su tutti i social media, le defezioni dentro Podemos finora sono tutte di “errejonisti” stanchi della leadership miope e isolazionista del segretario generale e, per la prima volta dalla fondazione di Podemos, il ruolo centrale e messianico di Iglesias è messo in discussione. Ha sbagliato tutto, dicono molti dentro al partito, è stato arrogante, aggressivo e incapace di dialogare, poteva negoziare da una posizione di forza e invece si è chiuso nell’isolamento, poteva chiedere elezioni anticipate e invece ha preteso da Sánchez un governo tutto a sinistra e impossibile da realizzare. C’è un problema con Pablo Iglesias, si inizia a dire dentro a Podemos, ma questa non è una novità: lo sapevano tutti da tempo.

 

Ieri il País ha rivelato un documento interno al partito risalente all’aprile 2015 che mostra come i problemi del candidato Iglesias fossero noti a tutti da mesi. Il documento di 38 pagine, intitolato “Strategia di comunicazione del segretario generale”, mostra che Iglesias ha sempre avuto la tendenza a “cadere nella superbia”, ad avere un atteggiamento di “confronto e arroganza”, e che il suo messaggio si stava inaridendo. Gli esperti di comunicazione di Podemos si prodigano in consigli che in buona parte hanno funzionato, visti i buoni risultati elettorali, ma evidentemente i problemi sono tornati fuori dopo lo sforzo della campagna. Uno su tutti: “Un anno fa Pablo Iglesias era una persona normale, poteva farsi portavoce delle persone normali. Ma ormai non lo è più, e non tornerà ad esserlo. Non può parlare a nome della gente perché non ne fa più parte”. Ecco la vera crisi di Podemos, prima dei dissidi interni e delle dimissioni dei dirigenti: la normalizzazione (e con essa, come sempre avviene nella sinistra europea, la frammentazione). Gli esperti di Podemos l’avevano vista arrivare, Iglesias no.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.