Robert Mugabe (foto LaPresse)

Mugabe affama lo Zimbabwe ma se la cava dando la colpa ai cambiamenti climatici

Luciano Capone
Il “compagno Bob” dice che è colpa della siccità, in particolare del ciclone El Niño. Ma la verità è che la carestia che sta duramente colpendo oltre un quarto della popolazione è colpa delle scellerate politiche autocratiche del governo.

Il “compagno Bob”, come si fa chiamare il dittatore dello Zimbabwe Robert Mugabe, dice che è colpa della siccità, in particolare del ciclone El Niño. E probabilmente troverà anche qualche ambientalista o qualche Ong (Organizzazione non governativa) che si batte contro il riscaldamento globale a dargli ragione. Ma la verità è che la carestia che sta duramente colpendo oltre un quarto della popolazione è colpa delle scellerate politiche autocratiche del governo. Già 240 anni fa nella “Ricchezza delle nazioni” Adam Smith scriveva che “la scarsità è causata dai cattivi raccolti, ma una carestia non è mai derivata da alcun’altra causa se non dalla violenza del governo che ha tentato, con mezzi impropri, di porre rimedio agli inconvenienti della scarsità”. Se l’affermazione di Smith è storicamente vera, come dimostrano tutte le grandi carestie degli ultimi decenni causate da governi incompetenti e autoritari (dall’Ucraina sovietica alla Cina maoista passando per la Corea del Nord), lo è in particolar modo per lo Zimbabwe, considerato una volta il “granaio dell’Africa”, dove il regime socialista e razzista di Mugabe ha prodotto prima la scarsità e poi la carestia.

 

Il dittatore marxista, in carica dal 1980 e fino a poco fa ritenuto un eroe antimperialista, a partire dal 2000 sequestrò tutte le terre e le aziende agricole di proprietà dei “colonialisti bianchi” per redistribuirle ad amici, compari ed ex guerriglieri. Il risultato è stato che la produzione di mais, che prima veniva esportato e serviva a sfamare altri paesi, è crollata del 70-80% e lo stesso è accaduto per il grano. Lo Zimbabwe ha dovuto iniziare a importare ciò che prima produceva in abbondanza e, anche a causa di altre scriteriate scelte economiche, si è avvitato in una crisi spaventosa: Mugabe ha iniziato a finanziare le spese militari e quelle della sua cricca facendo ricorso a tutto il potere della “sovranità monetaria”, stampando fiumi di soldi che hanno fatto schizzare l’inflazione alle stelle (secondo dati governativi al 2.200.000 per cento, secondo osservatori indipendenti svariati milioni di punti percentuali in più). Il dittatore ha poi pensato bene di arginare la catastrofe arrestando “speculatori”, “accaparratori” e oppositori e dichiarando “illegale” l’inflazione. Ma l’inflazione evidentemente non ha voluto ascoltare gli ordini del “compagno Bob” né ha avuto paura di andare in galera. Si è giunti così quest’anno a rendere illegale la moneta nazionale, il “dollaro dello Zimbabwe”, che peraltro era già stato abbandonato da chiunque a causa del valore prossimo allo zero: attualmente la Banca centrale paga 5 dollari americani in cambio di 175 milioni di miliardi di dollari dello Zimbabwe.

 

Vista la crisi spaventosa, Mugabe ha accettato di fare alcune riforme in accordo con il Fondo monetario internazionale, tra cui il risarcimento agli agricoltori bianchi espropriati e cacciati, una profondissima spending review che dovrebbe portare in pochi anni al quasi dimezzamento della spesa pubblica per stipendi e una gestione più razionale delle imprese statali. Un piccolo segnale di apertura con cui l’autocrate più vecchio del mondo sta cercando di corteggiare la comunità internazionale per ottenere nuovi fondi.

 

Il governo usa la carestia per ottenere nuove aperture di credito, ma in realtà non sembra essere molto preoccupato per i milioni di persone che soffrono la fame. Poco meno di un mese fa Mugabe ha festeggiato il suo 92esimo compleanno in maniera sfarzosa, un party costato quasi un milione di dollari concluso con lo spegnimento delle candeline su una torta di 92 chili, uno per ogni anno di vita del “compagno Bob”. Inoltre il governo, attraverso il ministro per l’Agricoltura Joseph Made, ha fatto sapere che l’emergenza alimentare che colpisce circa 2,5 milioni di persone non cambierà la politica di divieto sugli Organismi geneticamente modificati (Ogm): “Su questo punto siamo chiari, non accettiamo mais Ogm”. Tutti gli aiuti umanitari verranno controllati e ispezionati e se dovesse essere trovato mais Ogm, verrà distrutto o rispedito al mittente. La popolazione così sarà salvata dalla possibilità di mangiare cibo Ogm e potrà morire in maniera biologica.

 

[**Video_box_2**]Quello che fino a qualche decennio fa era uno dei paesi più ricchi del continente e un esportatore di cibo si trova ora periodicamente alle prese con carestie, che poi diventano anche emergenze sanitarie, e costretto a dipendere dagli aiuti umanitari di organizzazioni internazionali e ong. Le “siccità” di Mugabe ormai colpiscono il paese con una media di una volta ogni due anni dall’inizio della riforma agraria e fanno patire la fame a milioni di persone. C’è chi proverà a dare la colpa al riscaldamento globale del Niño, ma le responsabilità sono tutte del socialismo del nonno Bob.

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali