La Tangentopoli brasiliana colpisce anche Lula

Redazione
La polizia ha prelevato in un’operazione in grande stile l’ex presidente brasiliano. Il caso nasce dalla presunta scoperta di un sistema miliardario di corruzione intorno al gigante petrolifero di stato Petrobras

La polizia ha prelevato in un’operazione in grande stile l’ex presidente brasiliano Ignacio Lula da Silva, padre della sinistra brasiliana e dominatore politico del paese negli ultimi vent’anni, dalla sua casa di São Bernardo, a venti chilometri circa da San Paolo. Lula è stato dapprima portato all’aeroporto di San Paolo con l’intento di condurlo nella città di Curitiba, nello stato di Paraná, dove è istruito il processo Lava Jato, la Tangentopoli brasiliana che sta sconquassando la politica del paese e soprattutto il partito di governo Pt, di cui Lula è il fondatore e il dominatore. Per ora Lula è stato prelevato, insieme al figlio Fábio Luíz Lula da Silva, detto Lulinha, per “deporre” davanti ai giudici, ma gli inquirenti dell’operazione Lava Jato già parlano di reati gravissimi. Il caso nasce dalla presunta scoperta di un sistema miliardario di corruzione intorno al gigante petrolifero di stato Petrobras, ma ben presto si è trasformato in una gogna mediatico-giudiziaria da cui nessuno nel mondo della politica e del business è sembrato escluso. Con il fermo di Lula la Tangentopoli brasiliana raggiunge il suo culmine.

 

L’ex presidente, hanno detto gli investigatori al giornale brasiliano Globo, è accusato di avere avuto una “partecipazione decisiva” nell’approvazione di contratti miliardari attribuiti da Petrobras a società poi accusate di corruzione. La casa di Lula è stata perquisita e molti documenti sequestrati. L’operazione è arrivata il giorno dopo la rivelazione di un accordo di “delazione premiata” (un’invenzione giuridica tutta brasiliana che spinge gli indagati a denunciare altre persone) tra la procura e il senatore del Pt Delcídio do Amaral, che ha promesso di fornire informazioni su Lula e sulla presidente Dilma Rousseff, il cui governo, che ha perso tre ministri chiave in meno di sei mesi, è vicino al collasso a causa non solo delle inchieste e delle turbolenze politiche ma anche dell’economia: ieri l’istituto di statistica nazionale ha certificato un crollo del pil del 3,8 per cento nel 2015.

Di più su questi argomenti: