Bernie Sanders (foto LaPresse)

Primarie democratiche

Gli economisti liberal smontano le favole di Bernie. Hillary ringrazia

Nel piano del welfare con cui il socialista esalta i giovani i conti non tornano. La lotta a sinistra è sulla fattibilità

New York. La dialettica fra la politica economica di Hillary Clinton e quella di Bernie Sanders non ruota innanzitutto attorno ai princìpi teorici, ma alla fattibilità pratica. In Nevada, dove sabato ci sono i caucus democratici, il senatore del Vermont continua a dare in pasto alle sue orde di millennial adoranti sogni socialdemocratici di assistenza sanitaria gratuita per tutti, rette universitarie azzerate, banche di Wall Street spezzettate e ricchi tassati come giustizia sociale comanda. L’ex segretario di stato risponde che tutto ciò è bello e infattibile, modellando la sua strategia di attacco sulle manchevolezze presidenziali dell’avversario idealista.

 

L’idea è lasciare che sia la matematica a sbugiardarlo, rivelando, come ama ripetere, che il diavolo è nei dettagli. Anzi, la matematica spiegata da una serie di economisti di sinistra, ma non a libro paga della famiglia Clinton, che si sta mobilitando per dare sostanza numerica agli argomenti della candidata. Nell’ultimo dibattito televisivo, Hillary ha detto che il piano di allargamento del welfare dell’avversario aumenterà del 40 per cento l’estensione dello stato federale, ma secondo Kenneth Thorpe, economista della Emory University, il conto della Clinton sbaglia per difetto. Secondo Thorpe, il Sistema sanitario pubblico di Bernie, il “medicare for all”, costa in realtà circa il doppio di quanto il candidato dice, discrepanza che inevitabilmente graverà sui bilanci pubblici. Le famiglie della classe media, dice Bernie, pagheranno 500 dollari in più all’anno in tasse, ma risparmieranno 5 mila dollari in spese sanitarie, cosa che aggiungerebbe al budget federale una cifra fra i 2 e i 3 mila miliardi di dollari l’anno (la spesa federale totale è 4 mila miliardi).

 

Insomma, “i conti non tornano nemmeno lontanamente”, ha detto al New York Times Austan Goolsbee, ex capo dei consiglieri economici di Obama e ora professore all’Università di Chicago. Non è immediatamente chiaro, nel piani di Bernie, dove siano le coperture per il Sistema sanitario “single-payer”, in apparenza finanziato soltanto da aumenti fiscali in molteplici forme per chi guadagna più di 250 mila dollari l’anno e da una nuova tassa lineare del 2,2 per cento sul reddito.

 

Jared Bernstein, ex consigliere economico di Joe Biden, ha declassato l’idea a “wishful thinking”: “Abbiamo bisogno di profondi investimenti nelle infrastrutture, un Sistema sanitario più efficiente e meno debiti per gli studenti. Ma quando metti tutto insieme, il ruolo dello stato nell’economia va oltre qualunque cosa abbiamo mai considerato”, dice Bernstein.

 

[**Video_box_2**]Per Thomas Piketty, rockstar economica della sinistra arrabbiata e tifoso naturale di Bernie, questo scetticismo degli esperti democratici è tutta una mistificazione a scopo politico: “Dagli anni Trenta agli anni Settanta gli Stati Uniti sono stati l’avamposto di un’ambiziosa politica economica fatta per ridurre le diseguaglianze”, ha scritto sul Monde, evocando inevitabilmente l’aliquota fiscale massima oltre il 90 per cento negli anni di Dwight Eisenhower o la pressione sui ricchi mantenuta a livelli alti anche sotto Reagan. Poi c’è stata la grande virata. La versione di Piketty è che Bernie sta facendo quello che l’America aveva già provato a fare, abbandonando poi disgraziatamente il progetto lungo la via per seguire le sirene del capitalismo più sbrigliato e famelico. Da Joe Stiglitz a Jeffrey Sachs, non sono pochi gli economisti della sinistra con il turbo che vedono in Bernie il restauratore di un’idea liberal che ha cittadinanza in America. Le loro teorie su una società che si riorienta in modo più equo e presenta il conto ai ricchi ora sono finite sotto la lente critica anche di economisti che in linea di principio sarebbero pure d’accordo con le idee di Bernie.

 

La coscienza dei liberal con premio Nobel in bacheca, Paul Krugman, è a favore del sistema sanitario “single-payer”, ma giudica insostenibile e irrealistico il piano del senatore del Vermont. Così anche Henry Aaron, economista della Brookings, parla dell’appeal elettorale enorme di un sistema che fa sembrare l’Obamacare una modesta riforma centrista, ma alla prova dei fatti dice che si tratta di una “favola”. Hillary sta cercando faticosamente di spiegare all’elettorato democratico che le favole scandinave di Bernie sono false; e se anche fossero vere, lei non è la strega cattiva.