Il premier ucraino Arseny Yatseniuk (foto LaPresse)

Poroshenko mette in guardia il fragile governo di Kiev

Luca Gambardella
Il premier Yatsenyuk ha rischiato di capitolare. La Rada vota la fiducia ma la corruzione, le riforme mancate e i problemi della tregua con i filorussi stanno facendo fallire il governo post-rivoluzionario dell'Ucraina

Roma. Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha inaugurato ufficialmente la crisi del governo guidato da Arseny Yatseniuk. Mezz’ora prima che il premier si presentasse al Parlamento per illustrare i risultati raggiunti dal suo esecutivo nel 2015, Poroshenko ha diffuso un comunicato in cui ha chiesto le sue dimissioni e quelle del procuratore generale Viktor Shokin, che le ha presentate meno di un’ora dopo. “La società ha chiaramente deciso che ci sono stati più errori che obiettivi raggiunti e ha negato la sua fiducia ai ministri”, ha detto Capo dello stato. Mentre Yatseniuk teneva il suo discorso alla Rada, qualche migliaio di persone, alcune delle quali con indosso delle maschere, si sono riunite fuori dal Parlamento. Ben diversa l’atmosfera in Aula. I cronisti presenti hanno parlato di un ambiente disteso, con tanti sorrisi, strette di mano e persino qualche selfie scattato tra i parlamentari mentre Yatseniuk provava a elencare i traguardi raggiunti dal suo governo. Tentando il tutto per tutto per tenere in piedi l’esecutivo, ha concluso: “Sappiamo che in molti sono scontenti. Accetteremo ogni vostra scelta”.

 

La relazione sull'operato del governo è stata bocciata dai parlamentari ma il successivo voto di fiducia è fallito e solo 194 membri dei 226 richiesti hanno votato contro l’esecutivo. Poroshenko non aveva fatto riferimento esplicito a un ritorno alle urne, che poteva complicare ulteriormente la situazione politica ed economica del paese. Il suo comunicato faceva riferimento a un “riavvio” dell’esecutivo. Un ricambio dei ministri, insomma, che rischiava di rallentare ancora di più il lento processo delle riforme del paese.

 

La crisi sembra solo rimandata. Lo scorso 10 febbraio, il presidente del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde aveva usato parole dure nei confronti di Kiev: “Sono preoccupata per il lento progresso dell’Ucraina per migliorare la sua amministrazione e nella lotta alla corruzione. Senza un nuovo sostanziale sforzo per rinvigorire le riforme e combattere la corruzione è difficile vedere come il programma di sostegno del Fmi possa avere successo”. Lagarde si riferiva ai 40 miliardi di dollari già finiti nelle casse di Kiev ma che le divisioni interne alla maggioranza hanno tardato a distribuire dove ce n’era bisogno. I disaccordi sulla riforma del fisco, alla fine dello scorso anno, avevano rischiato fino all’ultimo di lasciare inutilizzati ben 4 miliardi di dollari.

 

Le dimissioni all’inizio di febbraio del ministro dell’Economia Aivaras Abromavicius, considerato un riformatore di grande esperienza, avevano acuito la crisi politica. “Il processo di riforme deve essere condotto con nuovi livelli di trasparenza”, aveva detto subito dopo il suo passo indietro. Abromavicius se ne era andato accusando sia Poroshenko sia Yatseniuk di “intromettersi” nelle società partecipate statali per bloccare le riforme. Il livello di corruzione e l’influenza di oligarchi miliardari, aveva detto l’ex ministro di origini lituane, impediscono un vero cambiamento del paese. E aveva spiegato come, a suo avviso, l’unica soluzione fosse un governo di tecnocrati perché la nuova leadership politica si era dimostrata inadeguata. Il nome del probabile successore di Yatseniuk, nel caso il premier avesse accolto la richiesta di dimissioni, poteva essere proprio una tecnocrate. Prima del voto di  oggi della Rada circolava il nome di Natalie Jaresko, attuale ministro delle Finanze, nata negli Stati Uniti, e che gode di un certo gradimento a livello internazionale.

 

[**Video_box_2**]Intanto c’è chi esulta già per un eventuale blocco al programma di aiuti del Fmi all’Ucraina. E’ l’ex presidente della Georgia e attuale governatore della regione ucraina di Odessa, Mikhail Saakashvili: “Per noi sarebbe l’ideale se il Fondo monetario internazionale se ne andasse. Loro sono come un chirurgo. Quando hai bisogno di una benda sul dito loro dicono ‘Perché una benda? Tagliamo tutta la mano, di che ti preoccupi?’”. Nel frattempo l’Osce riferisce che il cessate il fuoco tra Kiev e filorussi deciso a Minsk lo scorso anno continua a essere violato quotidianamente. E proprio mentre Yatsenyuk difendeva in Parlamento i progressi compiuti dal suo governo, dalle province orientali è arrivata la notizia della morte di altri tre soldati dell’esercito ucraino e del ferimento di altri 12 da parte dei separatisti, il bilancio più grave dallo scorso novembre.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.