Il salto di Ségolène al ministero degli Esteri

Mauro Zanon
Dall'Ecologia al Quay d'Orsay, la Royal s'intesta la diplomazia globetrotter. Negli ultimi mesi aveva già moltiplicato gli spostamenti all'estero, sostituendo spesso e volentieri il ministro degli Esteri.

Parigi. Fino a ieri pomeriggio la sola certezza del prossimo rimpasto ministeriale – l'ultimo da qui al 2017, assicurano all'Eliseo, ma nessun osservatore, a Parigi, è pronto a scommettere grosse cifre su questa ipotesi – era la partenza del ministro degli Esteri, Laurent Fabius, verso il Consiglio costituzionale (si dice addirittura che potrebbe essere nominato presidente dei Saggi di rue de Montpensier). Poi però in serata è arrivata anche la seconda certezza dell'imminente "remaniement" fuoriuscita dai corridoi dell'Eliseo: Ségolène Royal, attuale ministro dell'Ecologia, ha accettato la proposta del presidente della Repubblica ed ex compagno François Hollande di diventare il prossimo capo della diplomazia francese.

 

Lo scoop che tutte le redazioni parigine avrebbe voluto lanciare, e che ha scatenato, com'era prevedibile, i più disparati pettegolezzi, è dell'informatissimo Paris Match – dove scriveva una certa Valérie Trierweiler, ricordate? – e arriva a una decina giorni dall'annuncio di chi sale e chi scende, chi entra e chi esce dal governo Valls. Arriva in momento in cui Ségolène Royal continua a fare i soliti scivoloni (l'ultimo sulla laicità e la questione dei diritti delle donne nell'islam), ma può guardarsi alle spalle ed essere soddisfatta dei risultati ottenuti da quando è alla guida del ministero dell'Ecologia.

 

Dalla sua promozione a numero tre del governo, avvenuta nell'aprile del 2014, ad oggi, le due maxi leggi da lei difese sono state entrambe votate: la prima, la più ambiziosa, sulla transizione energetica, è stata adottata in via definitiva la scorsa estate, la seconda, sulla biodiversità, ha passato l'ultimo step del Senato una settimana fa. Ha riflettuto due mesi, Ségò, prima di rispondere alla grande proposta del suo ex compagno – secondo quanto riportato da Paris Match, Hollande le avrebbe sussurrato l'idea di promuoverla al Quai d'Orsay prima ancora della Conferenza sui cambiamenti climatici di Parigi (Cop21) –, ma alla fine ha detto "oui", è il mio momento, è la mia rivincita dopo la ferita mai cicatrizzata del 2007 (le presidenziali perse contro Sarkozy), dopo le lacrime nel 2011 per la sconfitta alle primarie socialiste, dopo il tuìt assassino di Valérie Trierweiler, e tutte le vicisittudini che ho dovuto affrontare, non posso perdere questo treno.

 

La proposta in forma ufficiale è arrivata a Ségolène lo scorso 26 gennaio, come riportato da Paris Match, prima che Hollande prendesse l'aereo per l'India. Il segretario di stato al Commercio estero, Matthias Fekl, così come l'ex Guardasigilli Elisaebth Guigou erano anch'essi tra i favoriti, ma alla fine il presidente socialista ha optato per la sua ex compagna. "Fa molto 'Ritorno al futuro'", scherza un deputato socialista. "(Hollande, ndr) ha bisogno da qui a dicembre 2016 di poter fare un bilancio di ciò che è stato realizzato in seguito alla Cop21", precisa la fonte che ha confermato a Paris Match l'approdo di Ségolène Royal al Quai d'Orsay, evocando "la forte statura internazionale" dell'attuale titolare dell'Ecologia, "la sua credibilità sull'ambiente" e "la sua  grandissima vicinanza con il capo dello stato". Sulla "grandissima vicinanza" con il presidente socialista sono inevitabili i risolini, ma sulla "forte statura internazionale" ci sono pochi dubbi.

 

Dalla sua entrata nel governo Valls, Ségolène ha moltiplicato gli spostamenti all'estero, sostituendo spesso e volentieri il ministro degli Esteri – quasi si stesse preparando al grande salto – quando questi era impegnato su altre fronti. Durante l'apertura della Conferenza sul clima di Parigi, ha accolto i 150 capi di stato accanto a Hollande e a Fabius, ricordando a tutti che la sua compagna presidenziale, nel 2007, le aveva permesso di incontrarli quasi tutti quei leader.

 

"Essere stati candidati vi dà una statura. Talvolta, in Francia, si ha la tendenza a dimenticarlo", aveva dichiarato con orgoglio Ségolène, manifestando la sua contentezza per aver mantenuto delle buone relazioni con i capi di stato mondiali. Negli ultimi giorni, a Parigi, è stata lei ad accogliere il leader cubano, Raul Castro, sotto l'Arco di Trionfo (Closer, utilizzando un'espressione non proprio simpatica, ha scritto che Ségò, per la venuta di Castro in Francia, ha fatto la "première dame di sostituzione"), come quando erano sbarcati nella capitale francese Letizia e Felipe di Spagna, la coppia reale, e per accoglierli Hollande aveva voluto vicino a sé la sua ex compagna. E mentre a Parigi Christiane Taubira abbandonava in polemica con il governo il ministero della Giustizia, Ségò era a New York accanto ad Al Gore e Ban Ki-moon, segretario generale dell'Onu, a parlare di energie rinnovabili e della necessità di abbandonare progressivamente il carbone.

 

[**Video_box_2**]Ma c'è un ma, un punto debole che i più maligni già fanno rimbalzare di articolo in articolo: l'inglese arrugginito dell'attuale ministra dell'Ecologia, di cui lo stesso Fabius si è preso gioco in diverse occasioni (Paris Match, nel gennaio 2015, scriveva che alcune "malelingue sussurrano che Ségolène Royal non parla inglese, un serio handicap per negoziare degli accordi internazionali!"). Ci sono poi le altre quasi certezze del prossimo rimpasto. Il leader ecologista Nicolas Hulot, salvo retromarcia clamorosi, sostituirà Ségolène al ministero dell'Ecologia. Valls può dormire sogni tranquilli a Matignon, e Michel Sapin, attuale ministro delle Finanze, ha assicurato ai suoi collaboratori che non lascerà quel posto. Il quotidiano economico Echos scarta invece l'ipotesi ventilata da molti di un superministero a Bercy in mano a Emmanuel Macron, l'attuale ministro dell'Economia. Non cambierà portafoglio il "coqueluche" dei salotti del Tout-Paris e non verranno inglobati in un unico ministero Economia, Finanze e Industria. In aria di promozione, infine, ci sono quattro sottosegretari, Matthias Fekl, Thierry Mandon, Laurence Rossignol e Axelle Lemaire, ma come ha detto con tono ilare un amico di lunga data del presidente Hollande "le nominations sono come i Victoires de la musique: bisogna attendere fino all'ultimo per sapere chi ha vinto".

Di più su questi argomenti: