Ramzan Kadyrov (foto LaPresse)

La guerra di Kadyrov si trasferisce su Instagram

Anna Zafesova

Il leader musulmano ceceno pubblica un video di un oppositore dentro al mirino e attacca i “cani” americani. I problemi dell’alleanza con Putin e le prossime elezioni

“Cani”, “traditori”, “accattoni” e soprattutto “nemici del popolo”. Il vocabolario usato da Ramzan Kadyrov nei confronti dell'opposizione russa è sempre molto colorito, e il leader ceceno ora ha deciso di affidarsi anche all'impatto delle immagini. Sul suo popolarissimo account Instagram ha pubblicato un video che mostra Mikhail Kasianov, ex premier oggi leader di un partitino liberale, che si presenta a Strasburgo, “a chiedere soldi”, commenta il presidente ceceno. Una banalità per i canoni della propaganda russa, se non fosse che nel video Kasianov viene inquadrato attraverso il mirino di un fucile, accompagnato dal commento: “Chi non ha capito capirà”.

 

Una “istigazione all'omicidio” secondo il diretto interessato, che ha chiesto una presa di posizione di Vladimir Putin (“è un suo diritto”, ha commentato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov). L'ambasciatore dell'Ue a Mosca Vigaudas Usackas si è dichiarato “choccato” e ha chiesto al Cremlino di intervenire. Per il momento l'unica reazione ufficiale però è arrivata da Instagram che ha cancellato il video – che nel frattempo aveva raccolto 15 mila “mi piace” ed era stato condiviso da tutti i politici ceceni - attirandosi le ire del presidente ceceno, che ha denunciato la violazione della libertà di parola “appena si toccano i cani americani”. Contro i quali non risparmia minacce e insulti, come quando li ha accusati di essere “nemici del popolo” da liquidare. Il deputato municipale di Krasnoyarsk Konstantin Senchenko nel suo blog ha reagito definendo il leader ceceno “vergogna della Russia”, ma due giorni dopo sull'Instagram di Kadyrov è apparso un video nel quale il politico siberiano – inquadrato seduto a un tavolo, in posa da interrogatorio, con la faccia stravolta – porge le sue scuse dopo aver “parlato con rappresentanti del popolo ceceno”. Per 24 ore i social si sono spaccati: migliaia di persone hanno twittato #KadyrovvergognadellaRussia mentre esponenti del governo federale, attori e atleti famosi si facevano selfie con cartelli #KadyrovpatriotadellaRussia. Un alleato di Kadyrov ha pubblicato la foto del cane Tarzan, l'enorme pastore del Caucaso del rais di Grozny, commentando che stava diventando sempre più irrequieto e ansioso di sbranare i “cani liberali”.

 

Battaglie da tastiera, con il presidente del Consiglio per i diritti umani del Cremlino Mikhail Fedotov che invita a “non prendere sul serio la campagna di Kadyrov”, anche se ha ammesso che “qualche squilibrato potrebbe interpretare il messaggio alla lettera”. Ma Ramzan non è un fenomeno solo virtuale. Il 28 febbraio 2015 sotto le mura del Cremlino è stato ucciso a pistolettate Boris Nemzov, insultato pochi giorni prima dal leader ceceno per il suo sostegno a Charlie Hebdo. Proprio contro la rivista satirica francese pochi giorni prima a Grozny si era tenuta una manifestazione oceanica, la più numerosa al mondo secondo gli organizzatori, in cui Kadyrov aveva invocato la vendetta contro i nemici dell'islam. Dell'omicidio sono stati accusati ex militari ceceni reduci del battaglione personale delle guardie di Kadyrov, e gli amici di Nemzov hanno indicato come mandante l'uomo forte di Grozny. Pochi mesi dopo Vladimir Kara-Murza Jr, giornalista dell'opposizione che figura nell'ultimo video di Kadyrov, anche lui nel mirino, è finito in coma e ritiene di essere stato avvelenato. Lo sguardo stravolto del deputato Senchenko mentre chiede scusa non è un montaggio.

 

A scanso di equivoci il 22 gennaio a Grozny all'ombra della moschea più grande d’Europa, fatta costruire da Kadyrov, si è tenuta una gigantesca manifestazione a sostegno del leader ceceno. In piazza, secondo il governo locale, c'era un milione di persone. A dire il vero, tutta la Cecenia conta 1,3 milioni di abitanti, inclusi i neonati e i paraplegici, ma in una repubblica famosa per aver prodotto il 102 per cento dell'affluenza alle urne nessuno si è posto domande. Il capo supremo prudentemente era assente, ma il suo braccio destro Adam Delimkhanov, deputato della Duma per Russia Unita, il partito putiniano, ha annunciato di “avere le liste dell'opposizione non sistemica” e promesso che “risponderanno per ogni parola contro Kadyrov e Putin, risponderanno davanti alla legge e anche senza la legge, dovunque, anche se si trovano in altri paesi, tanto non ne riconosciamo le leggi”.

 

L'esuberante leader ceceno sta diventando un problema per il Cremlino. Non solo per la sua retorica a metà tra il Padrino e lo Stato islamico, ma perché rivendica uno status privilegiato all'interno del sistema russo. Fa marciare milizie che gridano “Allahu Akbar” e “Viva Putin” allo stesso tempo, e a Grozny uno dei viali principali è intitolato al presidente russo. La sua impunità finora è stata totale, anche quando ha portato i suoi regolamenti di conti nel centro di Mosca, dove i suoi nemici sono caduti sotto una pioggia di pallottole, e l'immediato arresto dei presunti killer di Nemzov ha fatto pensare molti analisti che i servizi di Mosca non vedessero l'ora di incastrare i ceceni. Ma Kadyrov continua ad alzare la posta, e la sua battaglia ormai non è per il diritto di governare la sua repubblica come gli pare, ma di avere l'esclusiva sull'unica fonte di potere in Russia, Vladimir Putin.

 

Le dietrologie per spiegare l'attivismo del ceceno non mancano. Secondo il leader del movimento “Per i diritti umani” Lev Ponomariov, Kadyrov vuole provocare l'opposizione e portarla a uno scontro che giustificherà la messa al bando perfino dei pochi gruppi non allineati che restano, in previsione delle elezioni alla Duma in autunno. Per gli analisti americani di Stratfor Kadyrov si propone come l'alleato più fedele di Putin in un momento in cui la crisi economica fa vacillare la lealtà della nomenclatura e di parte dei servizi, e considerando che il capo di Grozny muove una potenza militare non indifferente può tornare comodo. La sincronizzazione degli attacchi di Kadyrov con quelli di Dmitry Kiseliov, il propagandista principale del Cremlino, che nella sua ultima trasmissione ha accusato Kasianov di “portare in America le liste dei russi da punire” e soprattutto di aver promesso (in caso di improbabile presa del potere) di “restituire la Crimea all'Ucraina”, fa sospettare al capo dell'opposizione Alexey Navalny una nuova campagna dei falchi del regime contro i liberali.

 

Ma la spiegazione forse più plausibile l'ha fornita a Gazeta.ru il politologo Abbas Galliamov: alzando i toni e posizionandosi come il “soldato semplice di Putin” Kadyrov garantisce che alla Cecenia non verranno tagliati i sontuosi finanziamenti federali. In un sistema dove le élite competono per la spartizione delle ricchezze petrolifere la tattica per ora funziona: nonostante i drastici tagli alla spesa Grozny si è vista aumentare i trasferimenti dell'8 per cento. Abbastanza per finanziare tutte le follie di Ramzan, dalla mitica pistola d'oro al corteo di Porsche Cayenne al lancio di banconote di grosso taglio ai matrimoni dei suoi sodali con spose minorenni.

 

Per Putin Ramzan è fondamentale, è l'uomo che grazie a un mix di tribalismo e soldi di Mosca tiene a bada una repubblica ribelle da secoli. E' grazie a lui, figlio di un religioso indipendentista passato con i russi, che è riuscito a chiudere la guerra cecena, e questo vale tutto, i miliardi di finanziamenti e gli imbarazzi continui con uno che fa capire che il presidente russo per lui è come un padre e poi si dichiara a favore della poligamia e dei delitti d'onore, introduce la sharia con il velo, intitola le vie e i parchi a se stesso, manda “volontari” nel Donbass che a differenza dei militari russi non esitano a rilasciare interviste e posa armato fino ai denti con il suo “Isis personale” che, a detta delle Ong, dispone anche di un paio di prigioni segrete per i nemici e brucia le case dei famigliari dei guerriglieri (veri o presunti).

 

[**Video_box_2**]E' la minaccia islamica addomesticata, il musulmano putiniano passato con gli “infedeli” russi che giustifica la crociata contro la jihad. Putin l'ha difeso dai tempi in cui veniva accusato di aver ordinato l'omicidio di Anna Politkovskaya, riempiendolo di medaglie e onorificenze peggio di un gerarca nordcoreano (inclusa la medaglia per la “restituzione della Crimea” e il titolo di membro dell'Accademia delle scienze, benché Kadyrov abbia fatto solo le medie). Nella polemica degli ultimi giorni si è limitato a lodarlo come “dirigente efficiente”, mentre il capo della sua amministrazione Sergei Ivanov ha dichiarato che l'attività del presidente ceceno “non crea problemi”. Con il suo attacco ai “cani americani” Kadyrov – che tra un mese dovrà rinnovare il mandato – ha costretto Putin a scegliere tra lui e l'opposizione, riconfermando così agli occhi di tutti la sua impunità ma anche limitando lo spazio di manovra del Cremlino in un momento in cui i segnali della ricerca di un “reset” con l’occidente sono numerosi.

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