Il presidente argentino Mauricio Macri

Non tutto va male in Sud America. Ripresa economica e opportunità per l'Italia

Maurizio Stefanini
“Un periodo di difficoltà? Al contrario". L'ottimismo del sottosegretario Mario Giro, e la volta liberale in Argentina (e forse in Venezuela) che potrebbe interessare il nostro paese.

“Un periodo di difficoltà? Al contrario, io credo che per il futuro dell’America Latina si possa essere moderatamente ottimisti. Si apre una fase di opportunità in cui l’Italia si può inserire”. Così il sottosegretario per l’America Latina Mario Giro ha analizzato – in modo abbastanza contro corrente rispetto ai molti economisti, rapporti e organizzazioni secondo i quali invece il nuovo ciclo politico e economico che sta iniziando in America Latina – la situazione sudamericana. La valutazione è stata fatta nel corso del Tavolo Italia – America Latina del 28 gennaio, un appuntamento che periodicamente fa incontrare il massimo responsabile governativo di quell’area con imprenditori, organizzazioni, intellettuali e giornalisti interessati a investire e raccontare il Sud America.

 

L’ordine del giorno partiva dalle prospettive della nuova presidenza argentina di Mauricio Macri, per poi continuare con gli aggiornamenti sulle ultime missioni di Renzi e di Gentiloni in America Latina, le azioni italiane a Cuba, il sostegno italiano ai programmi di sostegno e sicurezza in America Centrale, sino alla discussione generale sul nuovo ciclo economico e politico latino-americano. Un punto importante che è stato ribadito è che in realtà non c’è una crisi generale dell’area. Anzi tra Messico, America Centrale e Paesi dell’Alleanza del Pacifico i dati economici sono abbastanza buoni: ci sono terribili problemi di violenza, ma quello è un altro punto. I Paesi in recessione sono solo quattro, anche se fra questi c’è il Brasile, che con le sue dimensioni fa abbassare sensibilmente il regionale. Qui Giro si è lanciato in una valutazione abbastanza impegnativa, quando ha osservato che “forse è venuto il momento di Marina Silva. Il governo infatti è in crisi irreversibile, e forse la crisi è più ancora del Pt che di Dilma Rousseff. Il partito in questo momento sta giocando contro la presidentessa proprio per rimettersi in gioco. Dall’altra, però, la destra non appare veramente in grado di cogliere gli esiti della crisi. Potrebbe essere Marina Silva la persona in grado di rinnovare il ciclo populista su basi nuove, dal richiamo all’ecologismo a quello degli evangelici”.

 

Altri due Paesi in recessione sono Argentina e Venezuela, dove i governi populisti hanno appena ricevuto una severa sconfitta elettorale. C’è ora molta attesa per quel che potrà fare Mauricio Macri, pur nella consapevolezza che se non ottiene risultati entro 18-24 mesi la sua coalizione potrebbe entrare in crisi. Quanto al Venezuela, Giro ha testimoniato la preoccupazione manifestata dai partner di Petrocaribe; un’organizzazione cui fa capo una pletora di paesini che stavano approfittando delle sovvenzioni petrolifere del Venezuela chavista e che, con il venir meno di questo aiuto, potrebbero affrontare scenari imprevedibili. Il quarto è l’Ecuador: un Paese entrato al momento in una recessione ancora modesta, essenzialmente per via del proprio sistema dollarizzato, e che con l’adozione della valuta statunitense ha visto il proprio export diventare meno competitivo.

 

Questo tema è stato affrontato in particolare nell’analisi economica di Antonella Mori, docente alla Bocconi. Secondo la sua analisi, l’apprezzamento del dollaro in seguito a una politica monetaria statunitense più restrittiva non è che uno dei fattori che sta influendo sulla situazione latino-americano: ben più decisivi sarebbero il crollo dei prezzi delle materie prime – che promette di essere permanente con il nuovo corso cinese centrato più sui consumi interni che sull’export – e la mancanza di infrastrutture moderne.

 

La svalutazione delle valute latino-americane poi permette in parte di compensare gli effetti negativi sull’export del calo della domanda cinese, rendendo però più difficoltoso il pagamento del debito. E a questo punto i paesi latino-americani devono riformarsi e rivedere il modello fondato sullo sfruttamento e sulla vendita delle materie prime. Per queste ragioni, un grande ruolo nella restaurazione dell’economia sudamericana potrebbero averla gli investimenti infrastrutturali basati sulla qualità e sull’innovazione.

 

[**Video_box_2**]Su questo punto sono intervenuti i rappresentanti dell’Enel, a ricordare come per loro l’America Latina sia divenuto il business principale, e come siano ormai il primo operatore energetico in ben cinque Paesi. Un boom soprattutto legato alle energie rinnovabili. Ma il primo grande asset dell’area, quello che si affiancherà allo sfruttamento petrolifero e minerario potrebbe diventare l’agrobusiness. Qui si apre una grande opportunità per l’Italia, come esportatrice di macchinari in generale e di macchine agricole in particolare. Come ha ricordato Giro, in un Paese non particolarmente all’avanguardia come Cuba il forum di imprenditori che ha accompagnato la visita di Renzi ha concluso contratti per la fornitura di macchinari per ben 34 milioni.

 

Come ha ricordato nella sua relazione Loris Zanatta, ordinario di Storia e Istituzioni delle Americhe a Bologna, i risultati elettorali in Argentina e in Venezuela indicano però un’altra evoluzione piuttosto importante. In una contesa plurisecolare che divide l’America Latina tra liberali e populisti, per la prima volta i populisti hanno accettato un’architettura istituzionale per lo meno formalmente liberale. E per la prima volta hanno potuto essere sconfitti con le urne, piuttosto che essere rovesciati con una violenza che non aiutava affatto in una vera evoluzione liberale. In apparenza, dunque, lo scenario di crisi in seguito al crollo dei prezzi delle materie prime dopo un periodo di grande prosperità è uguale a quello degli anni Trenta. Allora l’esito fu i golpe populisti, adesso ci sono invece le vittorie elettorali liberali. E questa può essere veramente la svolta epocale. 

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