Uomini dello Stato islamico attaccano un terminal petrolifero a sud di Sidra

Lo Stato islamico attacca il terminal petrolifero di Sidra, in Libia – FOTO

Daniele Raineri
Le tre cose importanti che gli uomini del califfo ha fatto nel paese negli ultimi due giorni. C’entra il porto del petrolio

Oggi lo Stato islamico ha messo su internet un video che mostra l'ingresso dei suoi combattenti dentro un complesso di cisterne di greggio sette chilometri a sud ovest del terminal petrolio di Sidra, in Libia. Il gruppo estremista è al secondo giorno di un'offensiva contro l'area di Sidra e Ras Lanuf, da dove passa il greggio che la Libia esporta all'estero. In precedenza, a marzo e febbraio, aveva attaccato alcuni pozzi di petrolio nel deserto a sud di Sirte. Qui sotto l'articolo pubblicato sul Foglio oggi e che spiega più in dettaglio questa campagna dello Stato islamico per controllare il greggio libico.

 


 

Roma. Ieri mattina lo Stato islamico in Libia ha fatto tre cose significative. La prima: ha lanciato un nuovo attacco contro il porto di Sidra, che è assieme al vicino porto di Ras Lanuf una delle infrastrutture petrolifere più importanti del paese, perché è un terminal dove il greggio  è caricato sulle navi per essere trasportato verso i paesi importatori. L’attacco ha seguito uno schema già conosciuto: due autobomba guidate da due attentatori suicidi sono esplose ai cancelli, seguite da un gruppo di fuoco – piuttosto sparuto e infatti i danni sono modesti, anche se si è parlato di un incendio a un serbatoio del greggio. La seconda: ha dichiarato di avere preso la città di Bin Jawad, sulla costa libica, tra Sirte e Sidra (e Ras Lanuf). Nei mesi scorsi la città era già stata infiltrata in massa dagli uomini dello Stato islamico e per questo la dichiarazione di conquista assomiglia più a un tentativo di ufficializzare uno stato di fatto – però la situazione sul terreno è ancora in bilico, la città è contesa, ci sono scontri, lo Stato islamico potrebbe avere annunciato l’annessione troppo in anticipo sulla realtà. La terza: il gruppo sostiene di avere abbattuto un Mig-21 del governo, forse è una vanteria perché il governo sostiene che si è trattato di un guasto, il pilota si è eiettato in tempo ed è salvo, ma tocca prenderne nota in caso di operazioni militari in futuro – non remoto.

 


Lo stabilimento a sud di Sidra attaccato dallo Stato islamico


 

Lo Stato islamico prova a replicare in Libia la strategia usata in Iraq e in Siria – puntare ai pozzi del petrolio – senza averne le forze. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite uscito a dicembre, lo Stato islamico soffre di carenza di personale: forse arriva a cinquemila uomini, che però devono controllare una lunga striscia di litorale e potrebbero essere troppo pochi per conquistare altro terreno. Perché allora attaccare, anche prima di essere pronti? Il gruppo di Abu Bakr al Baghdadi tenta di sfruttare il tempo che resta prima del tanto anticipato intervento militare internazionale, che secondo il giornale francese Le Figaro potrebbe arrivare entro la primavera: il 23 dicembre pure l’ambasciatore libico alle Nazioni Unite, Ibrahim al Dabbashi, ha parlato di un intervento militare quasi imminente da parte di Francia, Italia e Gran Bretagna, che includerà raid aerei contro lo Stato islamico. In un panorma piatto e aperto come in quel pezzo di costa libica la presenza in volo di aerei militari limiterebbe di molto la libertà di movimento dei mezzi a terra. Se il gruppo riuscisse a conquistare i terminal del petrolio, non potrebbe caricare greggio sulle navi per poi venderlo, ma almeno bloccherebbe i profitti che vanno al governo libico “infedele”, come disse a settembre 2015 il capo dello Stato islamico in Libia, Abu Mughirah al Qahtani, in un’intervista pubblicata sul numero undici della rivista in inglese del gruppo, Dabiq.

 


Uomini dello Stato islamico attaccano un terminal petrolifero a sud di Sidra


 

A proposito di Al Qahtani: è morto. Lo Stato islamico chiama nel comunicato ufficiale la conquista di Bin Jawad “Offensiva dello sceicco Abu Mughirah al Qahtani”. Questo tipo di dedica è fatta soltanto per i comandanti uccisi, del resto nell’annuncio c’è anche la formula esplicita “taqabaluhu Allah”, che in arabo vuol dire “sia accettato da Dio” e si usa per i defunti. La notizia della morte del comandante dello Stato islamico in Libia rafforza il sospetto, che è quasi una certezza, che fosse l’iracheno Wissam al Zubayidi, un ex compagno di carcere del capo Al Baghdadi, un tempo wali (“governatore”) della provincia irachena di Salaheddin – con un altro nome: Abu Nabil al Anbari – e poi spedito in Libia nel tardo 2014 a creare la filiale locale. Al Anbari fu ucciso da un attacco aereo americano vicino Derna venerdì 13 novembre 2015. E’ possibile che Anbari fosse proprio al Qahtani e in questo caso gli Stati Uniti hanno ucciso il primo comandante dello Stato islamico in Libia. Il giorno dopo il Pentagono specificò che al Anbari è quasi di sicuro l’uomo che comanda il massacro di cristiani copti sulla spiaggia di Sirte a inizio 2014 e minaccia Roma – il video fu messo in rete il 14 febbraio.

 

[**Video_box_2**]L’attacco dello Stato islamico contro Sidra è finito in un quasi nulla di fatto (come un altro il 2 ottobre), respinto dalle Guardie delle installazioni del petrolio – che non rispondono al governo di accordo nazionale (che è ancora allo stato ipotetico), e sono una milizia al servizio di un signore della guerra locale, Ibrahim al Jadran. A incoraggiare l’affondo dello Stato islamico verso est c’è anche la situazione di Ajdabiya, una città ancora più a est, dove si combatte secondo uno schema a tre che suona complicato ma può essere riassunto così: islamisti contro forze che stanno con il governo e Stato islamico contro entrambi. La guerra dentro Ajdabiya tiene occupati uomini e mezzi e questo favorisce le manovre altrove, come a Sidra e Ras Lanuf. La settimana scorsa un gruppo degli islamisti di Ajdabiya si è staccato dal gruppo principale e si è unito allo Stato islamico pubblicando il video del giuramento di fedeltà a Baghdadi. Forse è il risultato del lavoro un altro al Anbari, che si chiama Abu Ali e secondo il New York Times è arrivato da poco in Libia. Abu Ali è specializzato nel conquistare l’alleanza di piccoli gruppi locali, lo ha già fatto in Siria nel 2013.

Di più su questi argomenti:
  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)