Artur Mas (foto LaPresse)

Il disastro catalano mostra i pericoli della frammentazione politica

David Carretta
Appeso alla volontà di un gruppuscolo di nostalgici maoisti, il governo della Catalogna si prepara a nuove elezioni. Dalla Scozia a Barcellona, il fallimento dei micro nazionalismi

Bruxelles. La strada della Catalogna verso l'indipendenza sembra aver trovato un ostacolo insormontabile: le vecchie ideologie del secolo scorso. Artur Mas, il presidente uscente della regione spagnola che aspira a trasformarsi in stato, ha subìto un colpo potenzialmente mortale, dopo che i separatisti anti capitalisti di Candidatura di unità popolare (Cup) hanno rifiutato di sostenerlo per un nuovo mandato a causa delle posizioni economiche troppo liberali del leader di Junts pel Sì (coalizione di movimenti indipendentisti). In un referendum interno a fine dicembre, la base della Cup si era spaccata sul sostegno a Mas, uscito vincitore dalle elezioni regionali del 27 settembre 2015: 1.515 voti a favore e 1.515 contrari. Ma, in una riunione dei 68 membri del consiglio politico della Cup, domenica la leadership dei separatisti anti capitalisti ha confermato che non appoggerà il presidente uscente, spingendo la Catalogna verso probabili elezioni anticipate in marzo.

 

La Cup si è affrettata a chiarire che la sfiducia a Mas non ha nulla a che fare con l'indipendenza. E si è detto pronto a sostenere un'altra personalità di Junts pel Sì, che al suo interno raggruppa i due storici partiti indipendentisti, Convergenza Democratica di Catalogna (di centrodestra) e Sinistra Repubblicana di Catalogna (di centrosinistra). Ma il tempo è estremamente limitato: se si vuole evitare un nuovo voto, un accordo per formare il nuovo governo catalano deve essere trovato entro la mezzanotte del 9 gennaio.

 

Gli indipendentisti catalani, che il 27 settembre avevano ottenuto la maggioranza dei seggi nel parlamento regionale (72 su 135) ma non di voti popolari (il 48,7 per cento), rischiano di perdere un'occasione unica. Appena insediatisi, i deputati di Junts pel Sì e della Cup avevano votato una risoluzione parlamentare per incaricare Mas, presidente facente funzioni, di lanciare un processo unilaterale che avrebbe dovuto portare entro il 2017 a “uno stato catalano indipendente sotto la forma di una Repubblica”.

 

La crisi politica che sta attraversando la Spagna, senza maggioranza dopo le elezioni legislative inconcludenti del 20 dicembre scorso, avrebbe potuto offrire loro opportunità inedite nel braccio di ferro con il Partito popolare e il Partito socialista, risolutamente contrari al referendum per l'indipendenza della Catalogna. Ma, nei tre mesi di trattative seguite allo storico successo del 27 settembre, le divergenze ideologiche tra Mas e la Cup sono risultate insuperabili. E a nulla è valso il tentativo di Junts pel Sì di corteggiare gli anti capitalisti con una lista di venti misure sociali, che includeva una moratoria sugli sfratti e la creazione di un salario minimo di inserimento. Dopo il voto di domenica, il leader e uomo immagine della Cup e principale artefice del suo successo elettorale, Antonio Baños, si è dimesso da deputato regionale.

 

Secondo diversi analisti, sarà difficile per Mas replicare il risultato delle ultime regionali, che gli indipendentisti di ogni colore avevano presentato come un plebiscito di fatto a favore della secessione. Tanto più che, come Madrid, anche Barcellona è stata contagiata dalla malattia della frammentazione politica. Nelle legislative del 20 dicembre, in Catalogna ha vinto un movimento legato a Podemos e guidato dal sindaco di Barcellona, Ada Colau, che ha ottenuto il 24,7 per cento dei voti. La Sinistra Repubblicana è arrivata in seconda posizione con il 16 per cento, il doppio delle legislative del 2011. Il partito di Mas – ribattezzato per l'occasione “Libertà e Democrazia” – è invece precipitato al quarto posto: con appena il 15 per cento dei voti, per Mas è sempre più difficile rivendicare la presidenza della Catalogna in quanto padre nobile dell'indipendentismo catalano.

 

[**Video_box_2**]Nel frattempo, la sua creatura Junts pel Sì rischia di implodere per i conflitti sempre più evidenti tra Convergenza Democratica e Sinistra Repubblicana. Come in Scozia, dove il Scottish National Party di Nicola Sturgeon ha vinto le elezioni per la Camera dei Comuni nel maggio 2015 salvo aver perso il più importante appuntamento del referendum per la separazione del Regno Unito nel settembre 2014, la crisi degli indipendentisti catalani mostra i limiti del micro-nazionalismo europeo.