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Buon anno Israele

Giulio Meotti
Attentato in un bar di Tel Aviv. Due morti e diversi feriti, falciati da un arabo israeliano. Le minacce jihadiste dei giorni scorsi e l’esultanza di Hamas. In occidente continua la delegittimazione dello stato ebraico.

Roma. L’attentato è avvenuto sulla Dizengoff, la più occidentale delle strade di Tel Aviv, teatro delle grandi stragi kamikaze negli anni Novanta. Prima dello Shabbath ieri un terrorista sulla trentina, “calmo e sorridente”, ha falciato i civili israeliani seduti al bar Simta, uccidendone due (fra cui il proprietario, Alon Bakal) e ferendone gravemente altrettanti. L’attentatore è un arabo israeliano, già noto alle autorità israeliane e riconosciuto dal padre dopo aver visto le immagini in televisione. Interpellato dal New York Times, l’esperto di antiterrorismo Daniel Byman ha detto che “sembra un attacco stile Isis”, come l’assalto ai ristoranti di Parigi del 13 novembre. Un tweet forse legato allo Stato islamico annunciava di voler colpire Tel Aviv. Anche Hamas e il Jihad islamico nei giorni scorsi avevano minacciato Israele di voler compiere un salto di qualità nella Terza Intifada, finora combattuta a colpi di coltelli e assalti con le auto. Tel Aviv, a differenza di Gerusalemme e dei Territori, era rimasta fuori dall’ondata terroristica: l’ultimo attentato risaliva al 2 novembre, quando vennero uccisi due israeliani.

 

Quale modo migliore per accogliere Israele nel nuovo anno che colpire gli ebrei al cuore della loro scintillante capitale economica? Tanti aspiravano a realizzare un simile attentato. Lo Stato Islamico, che alcuni giorni fa aveva declamato col califfo: “La Palestina sarà la vostra tomba”. Ma anche la galassia palestinese. E il fatto che il terrorista sia un cittadino israeliano che uccide altri israeliani avvicina prepotentemente Israele a Parigi, anch’essa messa in ginocchio da altri cittadini francesi. Ma questa strage, la più sofisticata dall’inizio della Terza Intifada, si consuma in un clima di impressionante e colpevole delegittimazione dello stato ebraico da parte dell’opinione pubblica internazionale. I capi politici dell’Europa da anni mistificano dicendo che il terrore che colpisce le loro città è diverso da quello che fa sanguinare Israele. Il presidente francese, François Hollande, nel suo discorso dopo il 13 novembre ha volutamente separato Gerusalemme dalle altre capitali colpite dal jihad. E basta sfogliare la top ten di antisemiti preparata dal Centro Simon Wiesenthal: ci trovi un giornalista di sinistra dello Spiegel, un festival di musica in Spagna, un leader politico inglese. Alla notizia dei morti di Tel Aviv, tanti europei, nei giornali, nelle cancellerie, nei parlamenti, nelle strade, segretamente si compiacciono.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.