Arrivano sempre tre

Eugenio Cau
La rivoluzione di Podemos era pronta a cambiare la Spagna, ma si ferma in terza posizione. Vince Rajoy, ma non ha i numeri per governare, per ora

A scrutini ormai ultimati, ci sono poche ma importanti certezze nelle elezioni più combattute della storia democratica della Spagna: il Partito popolare di Mariano Rajoy ha vinto, nessun partito ha ottenuto la maggioranza, e la rivoluzione di Podemos è arrivata tre.

 

Dopo l'urlo di gioia degli exit poll, che situavano il partito antisistema guidato da Pablo Iglesias come secondo nel paese per numero di voti (ma terzo per seggi parlamentari), i dati ufficiali hanno riportato Podemos con i piedi per terra: terzo posto, a distanza considerevole dai secondi, i socialisti di Pedro Sánchez. La rivoluzione che doveva partire dalla Spagna per arrivare in Europa, come Iglesias ha detto tante volte nei suoi comizi, per stanotte è rimandata. L'ondata populista che vorrebbe travolgere il Vecchio continente ancora una volta si è afflosciata alla prova del voto.

 

A scrutini conclusi, il Partito popolare (Pp) ottiene 123 seggi in Parlamento, con il 28,7 per cento delle preferenze. Il Partito socialista (Psoe) 90 seggi con il 22 per cento; Podemos 69 seggi con il 20,6 per cento e Ciudadanos, la formazione centrista di Albert Rivera, 40 seggi con il 13,9 per cento. Rajoy è il vincitore, e il bipolarismo spagnolo ottiene un risultato migliore delle previsioni, ma tutti i partiti sono molto lontani dalla maggioranza di 176 seggi necessaria per governare. A partire da domenica notte la politica spagnola si avvia a dover risolvere il "rompecabeza", il rompicapo della maggioranza.

 

Nessuna delle due coalizioni considerate più plausibili, una di centrodestra tra popolari e Ciudadanos e una di centrosinistra tra socialisti e Podemos, ha i numeri in Parlamento per governare. Entrambe si sono fermate in quasi parità, rispettivamente a 12 e a 16 seggi di distanza dalla maggioranza, e avrebbero bisogno dell'appoggio esterno o dell'astensione in sede di votazione della fiducia di uno dei partiti minori. Le sinistre non riuscirebbero a governare nemmeno con l'appoggio dell'ultrasinistra tradizionale, Izquierda unida, che ha ottenuto meno di dieci parlamentari e non riuscirà a formare il suo gruppo.

 

[**Video_box_2**]Gli analisti, dunque, parlano già di una grande coalizione dei due partiti tradizionali, Pp e Psoe, l'unica che garantirebbe vera governabilità al paese. Sarebbe un inedito per la politica spagnola, difficile da creare per la grande polarizzazione tra i due principali partiti. Durante la campagna elettorale, tanto Rajoy quanto Pedro Sánchez hanno sempre scartato l'ipotesi, e le posizioni tra i due si sono ulteriormente allontanate dopo il duro dibattito elettorale di una settimana fa. Un'altra ipotesi numericamente possibile è un'alleanza tripartita tra Psoe, Podemos e Ciudadanos, soluzione simile a quella vista in Portogallo negli scorsi mesi. Non è esclusa infine l'ipotesi di nuove elezioni, da tenersi in primavera.

 

Un dato notevole infine è quello della Catalogna, dove a settembre si è votato per il rinnovo del governo locale e le forze autonomiste di Artur Mas hanno ottenuto la maggioranza dei seggi, dando inizio a un contestato processo secessionista. A pochi mesi di distanza, oggi gli elettori catalani hanno relegato Mas e i suoi al quarto posto.

 

 

aggiornato alle 9,50

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.