Bennetta Betbadal con la sua famiglia

La storia tragica di Bennetta Betbadal, la cristiana fuggita dall'Iran e uccisa a San Bernardino

Gabriele Carrer
Nel 1987 la donna aveva abbandonato l'Iran khomeinista per trovare rifugio in America dall'estremismo islamico. I jihadisti l'hanno uccisa negli Stati Uniti.

In fuga dall'estremismo islamico da trent'anni, Bennetta Betbadal ha trovato la morte nella strage jihadista di mercoledì scorso a San Bernardino, in California. La quarantaseienne cristiana assira, una delle quattordici vittime della coppia di terroristi islamici, era scappata dall'Iran khomeinista nel 1987 all'età di diciott'anni e viveva con la famiglia a Rialto. "Scappava dall'estremismo islamico e dalle persecuzioni ai danni dei cristiani che seguirono alla rivoluzione iraniana", hanno ricordato i famigliari di Bennetta. Una vita in fuga dall'islam radicale, prima a New York, poi in California, dove si è sposata nel 1997 con Arlen, agente di polizia al Riverside Community College. Cristiana cattolica devota, l'ispettrice del dipartimento della Salute della contea lascia il marito, una figlia di quindici anni e due figli di dieci e dodici anni.

 

Amava moltissimo la comunità locale, un amore ricambiato. Un amico di famiglia ha aperto una pagina sul sito di fundraising “GoFundMe” per sostenere il futuro della famiglia: la campagna ha già raccolto circa sessantacinque mila dollari.

 

La coppia si era scambiata qualche messaggio al mattino presto di quel drammatico mercoledì californiano. Lui impegnato nello shopping natalizio, lei entusiasta per la presentazione che avrebbe dovuto tenere ai colleghi e ai superiori durante la riunione annuale del centro. A squarciare la giornata la strage jihadista. In un'intervista rilasciata ai media locali, il marito ha parlato di "malvagità senza alcuna ragionevolezza", piangendo la morte della moglie. Una vita portata via dallo stesso fondamentalismo dal quale Bennetta era scappata da ragazza, superando l'Atlantico per dare il suo contributo alla realizzazione il suo sogno americano. "Era fiera di lavorare per la gente della contea di San Bernardino", ha affermato la famiglia. "Amava il suo lavoro, la sua comunità, il suo paese". Il marito, anch'egli di religione cristiana, ha ricordato il "bellissimo albero di Natale" che Bennetta aveva decorato per la famiglia, il suo vero grande amore.

 

[**Video_box_2**]Nella pagina per la raccolta fondi si legge un'amara dichiarazione: "È il colmo dell'ironia che la sua vita sia stata strappata via da quello che sembra essere lo stesso tipo di estremismo da cui lei era fuggita tanti anni fa". La storia di Bennetta è la storia della persecuzione, del genocidio perpetrato contro i cristiani, contro gli infedeli, in medio oriente e in Africa. Lì dove essere cristiani è peccato, l'infamia più grande, il marchio della schiavitù, una condanna a morte. Le violenze sistematiche in Siria, in Iraq, in Sudan, in Nigeria, in Eritrea, in Arabia Saudita e in Iran altro non sono che l'altra faccia della medaglia della guerra di terrore e religione combattuta in nome dello Stato islamico. La cultura dell'odio e del disprezzo del diverso viaggia sui treni tra Belgio e Francia, sui voli che collegano i focolai dell'estremismo islamico alle nostre città, a volte negli stessi vagoni dei perseguitati che sono riusciti a sfuggire allo sterminio. Bennetta scappava dal regime degli ayatollah iraniani. Ha trovato rifugio e sicurezza, una vita e una famiglia in occidente. Quello stesso cancro dell'umanità da cui fuggiva l'ha ritrovata, e se l'è portata via con sé.