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Poche chiacchiere, europeizzare l'intelligence

Redazione
Dopo gli attacchi di Parigi, la commissione Juncker sta cercando di colmare una delle tante falle della lotta europea contro il terrorismo. Ma sono i servizi a dover collaborare. La falla dell’Ue è infatti la mancanza di cooperazione tra i servizi di intelligence degli stati membri

Dopo gli attacchi di Parigi, la commissione Juncker sta cercando di colmare una delle tante falle della lotta europea contro il terrorismo. L’esecutivo comunitario ha presentato una proposta di direttiva per fare in modo che in tutti gli stati membri possano essere perseguiti penalmente i “foreign fighters”, i combattenti stranieri, spesso con passaporto europeo, arruolati nello Stato islamico e organizzazioni simili, che si sono rivelati i responsabili della maggior parte degli attentati commessi negli ultimi anni sul territorio dell’Ue.

 

La proposta era stata promessa dalla commissione dopo gli attentati di gennaio. Ora gli eurocrati finalmente hanno suggerito di qualificare come reato “i viaggi a fini terroristici”, “il finanziamento, l’organizzazione e la facilitazione di tali viaggi”, “l’addestramento a fini terroristici” e “l’apporto di fondi usati per commettere reati terroristici”. E’ un passo avanti. Ma in un’Ue senza frontiere l’armonizzazione del diritto penale non avrebbe comunque permesso di fermare il commando di Parigi. La falla dell’Ue è la mancanza di cooperazione tra i servizi di intelligence degli stati membri. Sui 5 mila foreign fighters stimati in Europa, solo duemila sono presenti nella banca dati Europol. I funzionari di Frontex in Grecia non possono avere accesso alle liste per verificare infiltrazioni tra i rifugiati. L’intesa sulla creazione del Passanger Name Record – il registro dei passeggeri aerei nell’Ue – è vicina, ma l’Europarlamento insiste per limitare la conservazione dei dati a sei mesi, invece dei nove chiesti dai governi. Fino a quando non ci sarà l’europeizzazione dell’intelligence, le direttive costituiscono un palliativo.

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