Lo scrittore Amos Oz (foto LaPresse)

Boicottaggio, un mostro

Giulio Meotti
Il boicottaggio di Israele ha forse incassato la sua vittoria più grande. Non la chiusura di una fabbrica Sodastream. Non un docente di Oxford che taglia i ponti con il Technion.

Roma. Il boicottaggio di Israele ha forse incassato la sua vittoria più grande. Non la chiusura di una fabbrica Sodastream. Non un docente di Oxford che taglia i ponti con il Technion. Non una banca di Oslo che sospende gli accordi con una di Tel Aviv. No, Amos Oz, il più grande scrittore israeliano vivente, che annuncia un boicottaggio silenzioso delle istituzioni israeliane quando presenta i suoi libri.

 

Racconta Haaretz che Oz ha informato il ministero degli Esteri che da qualche mese non accetta più di partecipare a eventi associati al governo. “Amos Oz capisce che può essere interpretata come giustificazione del boicottaggio”, ha spiegato una fonte vicina a Oz. “Se il più grande autore israeliano non vuole apparire a eventi in cui il governo è coinvolto, che cosa vuol dire?”. Già, che cosa vuol dire? Che questi scrittori dimenticano che il boicottaggio colpisce anche loro, come è successo a Oz quando è in visita in Italia. E che il boicottaggio è un mostro che ambisce a divorare, pezzo dopo pezzo, ogni legittimità di Israele, fino ad arruolare anche Oz, a ricattarlo al punto di fargli delegittimare le istituzioni del suo stesso paese, che in Israele coincidono, da sempre. Il gesto non viene da un salonnier, un letterato che pontifica dall’estero, ma dall’Ulisse della sinistra israeliana, il grande narratore del kibbutz che, finora, si era sempre mosso all’interno di una cornice di fedeltà ultima al suo piccolo paese assediato.

 

[**Video_box_2**]Adesso Oz supera la linea rossa e presta il fianco al boicottaggio. Significa, forse, che questa denigrazione planetaria che spopola fra la bella gente è destinata al successo e che, delegittimando Israele, giustifica un ulteriore passaggio della storia ebraica, quella in cui sarà cosa buona e giusta farlo scomparire. La prossima linea rossa è già stata varcata ieri da Peter Beinart, un altro sponsor del boicottaggio, che ha detto che Israele merita il terrorismo e che “raccoglie ciò che semina”. Questa settimana, per la prima volta dai tempi del nazismo, l’Europa è tornata intanto a marchiare i prodotti ebraici. Scende nuovamente una pioggia acida sulla testa degli ebrei.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.