Una manifestazione contro il partito nazionalista di Svezia a Stoccolma (Sd)

Sull'accoglienza dei migranti anche il modello svedese mostra le prime crepe

Luca Gambardella
Un afflusso di rifugiati senza precedenti nella storia del paese sta causando costi economici e sociali elevati. I casi di violenza nelle periferie su cui l'estrema destra specula per attrarre consensi

In Svezia il sistema d'accoglienza dei rifugiati è in crisi e le autorità faticano a trovare una sistemazione a tutti i 190 mila richiedenti asilo che il governo ha promesso di ospitare. L'Ufficio nazionale dell'immigrazione di Stoccolma ha comunicato che il numero di rifugiati è più che raddoppiato rispetto alle prime stime che aveva fornito lo scorso luglio, quando ci si attendeva un afflusso di circa 74 mila persone entro l'anno. I responsabili dell'Ufficio immigrazione svedese hanno detto che il fenomeno è senza precedenti nella storia del paese. In passato, il record di profughi accolti dalla Svezia si era fermato a 84 mila persone e risaliva al 1992, durante la guerra nei Balcani. Oggi le persone accolte sono già 100 mila, oltre 9 mila a settimana. In rapporto alla sua popolazione, la Svezia ha aperto le frontiere al più alto numero di migranti tra i paesi europei ed è terza, dopo Germania e Ungheria, in termini assoluti. "E' come se fossimo un paese confinante con la Turchia", ha detto al Financial Times Anders Danielsson, capo dell'Ufficio per i migranti. Per il 2016 le stime sui nuovi arrivi ammontano a una cifra compresa tra i 100 mila e i 170 mila, soprattutto siriani, iracheni e afghani; di questi, tra i 30 e i 40 mila saranno monori non accompagnati. Così il problema principale per il governo svedese è diventato prettamente logistico: dove alloggiare un flusso tale di rifugiati.

 

I numeri descrivono un fenomeno di dimensioni bibliche che mette in difficoltà anche un paese da sempre considerato un modello per le sue politiche d'accoglienza e per la capacità di garantire servizi efficienti sia ai cittadini sia ai migranti. Le cose ora rischiano di cambiare perché i costi economici e sociali dell'accoglienza stanno diventando insostenibili. Il prossimo anno, se la situazione in medio oriente e nord Africa non migliorerà, lo stato svedese spenderà tra i 7,2 e gli 8,7 miliardi di dollari per accogliere tutti. Come confermato dal ministro delle Finanze Magdalena Andersson, l'aumento dei costi legati all'accoglienza di rifugiati avrà anche un impatto sui conti pubblici del paese, già in deficit di bilancio.

 

Il governo socialdemocratico svedese ha ricevuto apprezzamenti da tutta l'Europa per la sua disponibilità ad accogliere un numero tanto elevato di rifugiati e i sondaggi, riferisce sempre il Financial Times, dimostrano che la maggioranza dei cittadini resta favorevole alle politiche migratorie del governo. Il governo di Stefan Löfven continua a sottolineare i benefici per l'economia svedese che potrebbero derivare dall'accoglienza di forza lavoro giovane e pressa Bruxelles per l’adozione di un regime di quote per la distribuzione dei rifugiati tra i paesi dell’Ue.

 

Eppure, nelle zone rurali e delle periferie, quelle che risentono in modo particolare dell'aumento della disoccupazione e di un’integrazione problematica dei rifugiati, cresce l'opposizione alle politiche di accoglienza. Proprio in questi quartieri ai margini dei grandi centri urbani si sono moltiplicati gli episodi di violenza tra residenti e immigrati. Ad agosto, due cittadini di origine eritrea hanno accoltellato una donna e suo figlio in un negozio dell'Ikea di Västerås; lo stesso mese, aggressori non identificati hanno attaccato un campo profughi vicino Gotheborg ferendo due immigrati (solo nel 2015 una dozzina di campi sono stati attaccati dai residenti); a giugno, un passante aveva lanciato dell'acido addosso a due migranti nel centro di Stoccolma. Infine, giovedì, un uomo con indosso una maschera e con una spada è entrato in una scuola di Trollhättan, vicino Goteborg, e ha ucciso una professoressa e uno studente. L'uomo, un ventunenne bianco, è morto dopo l’intervento della polizia e sembra che nutrisse simpatie per i movimenti d'estrema destra. La scuola dove l’uomo ha fatto irruzione accoglie un gran numero di ragazzi immigrati di prima o seconda generazione.

 

[**Video_box_2**]Episodi al limite tra l’intolleranza etnica e la delinquenza comune, dove i protagonisti sono spesso “lupi solitari dell’estrema destra”, ha detto al Guardian Daniel Poohl, membro di un’organizzazione antirazzista svedese. L'estrema destra tenta di capitalizzare buona parte dei propri consensi sfruttando la risonanza di questi casi di violenza. Il Partito democratico svedese si è affermato negli ultimi anni come uno dei movimenti nazionalisti e conservatori d’Europa più avversi all'accoglienza dei migranti. I bacini elettorali dove i nazionalisti attingono più voti sono proprio quelli rurali o delle periferie delle grandi città, come Hasselby Strand, a Stoccolma. Ritenuti vicini a posizioni neonaziste, i democratici svedesi hanno promesso di tagliare del 90 per cento i numeri di rifugiati accolti e hanno annunciato una campagna pubblicitaria da lanciare in Giordania, Libano e Turchia per dissuadere i residenti dall'abbandonare le loro terre per dirigersi in Svezia. I nazionalisti sono passati così dal 5,7 per cento dei consensi del 2010 al 26,5 per cento secondo un sondaggio dello scorso settembre.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.