La Junts pel Sí catalana, coalizione indipendentista. Il governatore Artur Mas è il secondo da sinistra (foto LaPresse)

La probabile “bomba” elettorale catalana già mette in fuga banche e investitori

Redazione
Domenica prossima si svolgeranno le elezioni regionali della Catalogna, che hanno assunto per volontà di Artur Mas, governatore uscente, il carattere di un pronunciamento a favore o contro la secessione dalla Spagna. I moniti delle autorità monetarie e lo stato di tensione permanente

Domenica prossima si svolgeranno le elezioni regionali della Catalogna, che hanno assunto per volontà di Artur Mas, governatore uscente, il carattere di un pronunciamento a favore o contro la secessione dalla Spagna. Non si sa come andranno le elezioni, naturalmente: i sondaggi attribuiscono al listone capeggiato da Mas la maggioranza relativa, che grazie al sistema elettorale potrebbe avvicinare quella assoluta dei seggi. Questa sarebbe comunque ottenuta con l’apporto della lista Cup, di estrema sinistra indipendentista, che però non vuole Mas come presidente della generalitat. Forse i secessionisti non otterranno la maggioranza dei voti, ma dicono che metteranno in atto il progetto separatista anche solo con la maggioranza dei seggi. In ogni caso la secessione viola la Costituzione spagnola, che parla di indivisibilità dello stato, e sarà quindi dichiarata nulla dalla Corte costituzionale, il che aprirà un conflitto istituzionale irrisolvibile.

 

In questi ultimi giorni di campagna elettorale sono scese in campo le autorità monetarie, quella spagnola e quella europea, per chiarire che una Catalogna indipendente sarebbe fuori dell’euro e quindi dalla protezione della Bce, il che metterebbe a rischio le banche catalane, che hanno confermato il danno grave e forse irrimediabile che subirebbero dalla proclamazione unilaterale dell’indipendenza. Inoltre sono stati resi pubblici i dati previdenziali, dai quali risulta che la Catalogna riceve ogni anno prestazioni pensionistiche di un valore superiore di circa 5 miliardi a quello dei contributi raccolti nella regione, il che produrrebbe, in caso di separazione delle casse previdenziali, l’esigenza di ridurre il valore delle pensioni di circa il 20 per cento.

 

A queste ammonizioni, comprese quelle dell’organizzazione delle imprese catalane, Mas risponde con frasi demagogiche sulla superiorità della volontà popolare sui ricatti del mercato, in netto contrasto con la precedente caratterizzazione di Mas come economista piuttosto rigoroso.

 

[**Video_box_2**]L’intreccio tra crisi istituzionale, che sarà aggravata se con le elezioni nazionali di fine anno non ci sarà una maggioranza autosufficiente, come pare ormai inevitabile, e contraddizioni economiche mette a rischio la prosecuzione della fase positiva dell’economia spagnola, che quest’anno è avviata a una crescita del 3 per cento. In realtà anche tra i catalani solo una minoranza, inferiore al 20 per cento, crede che il processo secessionista arriverà a una conclusione effettiva, ma la società appare divisa in due parti equivalenti, il che creerà in ogni caso un clima di tensione permanente, mentre l’illusione che i problemi sociali ed economici saranno superati d’incanto con la separazione dalla Spagna ha bloccato ogni operazione di risanamento della spesa regionale.

 

Il voto catalano è una specie di bomba destinata ad esplodere in un contesto politico spagnolo già molto problematico, che riflette una situazione sociale in lento miglioramento ma che ancora deve sopportare una disoccupazione doppia rispetto a quella italiana. La vicenda catalana conferma che la crisi dell’Eurozona continua a produrre tensioni e rotture, anche nel caso spagnolo in cui sembrava che l’adesione alla linea di austerità desse risultati incoraggianti.