Poliziotti davanti a un treno Thalys (foto LaPresse)

Sorveglianza impossibile

Perché le liste dei servizi segreti fanno acqua con il terrorismo islamico

Daniele Raineri
In Europa i servizi segreti non riescono a controllare i potenziali terroristi islamici perché il loro numero è troppo alto (questa situazione non ha precedenti storici) e allestire un servizio di sorveglianza stretta per tutti è impossibile.

Roma. In Europa i servizi segreti non riescono a controllare i potenziali terroristi islamici perché il loro numero è troppo alto (questa situazione non ha precedenti storici) e allestire un servizio di sorveglianza stretta per tutti è impossibile. Due anni fa un rapporto dell’intelligence francese ha sostenuto questa tesi e ha giustificato una riorganizzazione radicale dei servizi di sicurezza – che però potrebbe non bastare (eufemismo). Lo scorso gennaio una bella inchiesta scritta dal New York Times dopo la strage al magazine Charlie Hebdo ha ripetuto lo stesso concetto: i servizi segreti europei individuano i soggetti pericolosi e compilano liste di persone da tenere sotto sorveglianza, ma non possono seguirle tutte ventiquattr’ore su ventiquattro, quindi devono scegliere chi controllare e chi trascurare e questa scelta può rivelarsi errata a distanza di anni. Il New York Times scriveva da Parigi che la lista dei sospetti si allunga sempre di più, ma è un problema comune a tutti gli stati europei. L’antiterrorismo inglese ha smesso pochi mesi fa di elencare gli arresti per reati legati al terrorismo perché sono troppi e non vuole alimentare l’idea di un effetto valanga che sarebbe apprezzata dalla propaganda islamista (gli arresti sono circa uno al giorno, poi ci sono le sentenze reali che sono una cosa diversa). L’Austria ha il più alto numero di rifugiati ceceni del continente e molti sono partiti verso la Siria oppure non sono più rintracciabili.

 

Nel 2008 i servizi inglesi hanno provato a mettere assieme i dati statistici dei soggetti pericolosi, per distinguerli più rapidamente dalle persone che conducono una vita normale, ma non ne hanno tratto le indicazioni chiare che speravano: la maggioranza dei potenziali terroristi non è fatta di immigrati, ma di cittadini regolari con passaporto inglese; non ha alle spalle un lungo apprendistato religioso e non ha condotto una vita ascetica, è composta da neofiti che spesso hanno problemi recenti con droga, alcol o frequentano prostitute; non ci sono troppi emarginati o adolescenti difficili, anzi, in un numero significativo di casi in molti hanno famiglia, moglie e figli.

 

Ayoub El Khazzani, l’uomo dell’attentato sventato sul treno Amsterdam-Parigi, era sulla lista di tre servizi segreti – Francia, Spagna e Belgio – aveva precedenti penali, aveva trascorso del tempo in prigione ed era tornato dalla Siria, che è un indicatore forte di pericolosità. Tutti questi segnali non sono serviti (e vale anche per i fratelli Kouachi della strage nelle redazione di Charlie Hebdo, per Michael Adebolajo, che uccise un soldato a Londra nel 2013, per Mohamed Merah – 7 vittime di cui 4 in un asilo ebraico di Tolosa, marzo 2012). La polizia parigina sta ora indagando un possibile collegamento tra Kahzzani e un caso in cui gli indicatori di pericolosità invece hanno funzionato, il cosiddetto gruppo di Verviers in Belgio. Era una cellula di estremisti smantellata a gennaio – poche ore prima dell’inizio di un’operazione terroristica (rapimento e decapitazione davanti a una telecamera di poliziotti belgi). Anche loro erano stati in Siria ed erano tornati, ma i servizi fecero in tempo a fare intervenire le forze speciali.

 

[**Video_box_2**]Mehdi Nemmouche è un altro uomo finito invano sulla lista dei servizi segreti. Fu segnalato all’intelligence francese nel marzo 2013 dai servizi tedeschi quando atterrò a Francoforte, dopo avere lasciato la Siria e avere viaggiato a Singapore e Hong Kong per mascherare la sua provenienza. Riapparve il 13 maggio al museo ebraico di Bruxelles, dove uccise quattro persone con un fucile Kalashnikov (il Belgio è il paese di riferimento per chi vuole questo tipo di arma nel nord dell’Europa). Fu fermato a Marsiglia per un normale controllo antidroga. La lista dei sospetti servì ancora una volta a ricostruire in fretta il suo curriculum, ma non a prevenire le sue mosse.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)