Claire Danes, interprete della fortunata serie tv Homeland (foto LaPresse)

A Parigi Charlie Hebdo è vivo e lotta anche in tivù. Da settembre

Mauro Zanon
L’estate è la stagione più avara per gli assuefatti alle serie televisive. E il 4 ottobre, giorno in cui la seguitissima serie americana “Homeland” farà la sua rentrée sul canale che la ospita dal 2011, Showtime, sembra lontano anni luce.

Parigi. L’estate è la stagione più avara per gli assuefatti alle serie televisive. E il 4 ottobre, giorno in cui la seguitissima serie americana “Homeland” farà la sua rentrée sul canale che la ospita dal 2011, Showtime, sembra lontano anni luce. Ma a soddisfare l’appetito di anticipazioni dei milioni di aficionados sparsi in giro per il mondo, ci ha pensato martedì David Nevins, patron di Showtime, che durante una conferenza stampa ha annunciato i nuovi e incandescenti temi d’attualità che costituiranno la spina dorsale della quinta stagione: lo Stato islamico, la crisi ucraina, Vladimir Putin, Edward Snowden, il cyberspionaggio, ma soprattutto la strage di Charlie Hebdo. “Ho l’impressione che questa storia sia molto fresca. Queste tematiche avranno un impatto sulle persone”, ha dichiarato Nevins. “Charlie Hebdo, Edward Snowden, ci saranno elementi interessanti in questa stagione”, ha aggiunto il produttore televisivo americano, senza precisare tuttavia in che modo i “segreti” dell’ex agente della Cia e l’attentato terroristico del 7 gennaio, che ha decimato la redazione del giornale satirico francese, verranno integrati alla sceneggiatura. A un anno dalla fine della quarta stagione, le vicende che vedranno ancora protagonista Carrie Matthison (Claire Dunes) accanto a Saul Berenson (Mandy Patinkin) avranno Berlino come sfondo (“Non potrei immaginare ‘Homeland’ senza Claire Dunes”, ha affermato Nevins). Carrie, non più per la Cia ma per conto di un’agenzia di sicurezza privata, sarà in missione nella capitale tedesca, “bivio tra il vecchio Blocco sovietico e quello occidentale, tra l’Europa occidentale e il mondo islamico”, ha sottolineato il presidente di Showtime, e i fatti di Charlie Hebdo, così come i miliziani di Al Baghdadi si intersecheranno prepotentemente al suo percorso (nonostante l’epicentro della trama sia in Europa e non in medio oriente, e lo showrunner di “Homeland”, Alex Gansa, avesse giurato a marzo che i jihadisti e la loro efferatezza non avrebbero mai trovato posto nella serie da lui creata assieme a Howard Gordon).

 

Un inizio di stagione che però potrebbe incendiare gli animi, secondo molti osservatori. Alla stregua della quarta stagione, che si dipanava in Pakistan sullo sfondo del terrorismo, e che aveva scatenato la collera delle autorità pachistane, furiose di vedere la loro capitale, Islamabad, dipinta come una zona di guerra, un buco infernale, la cui quotidianità è ritmata da bombe che esplodono e corpi che soccombono alla spirale di violenza che impera per le strade. Ma al di là delle congetture sulle future reazioni alla quinta stagione di “Homeland” – “uno show che riflette il mondo in cui viviamo”, ha spiegato Nevins – resta il il fatto che l’attentato che ha sconvolto la Francia e il mondo intero lo scorso 7 gennaio farà il suo esordio televisivo, dopo che per mesi abbiamo assistito alla pubblicazione ininterrotta e schizofrenica di articoli e libri che della mattanza perpetrata dai fratelli Kouachi ci hanno raccontato ogni minimo dettaglio.

 

[**Video_box_2**]L’adattamento dei fatti di Charlie Hebdo sul piccolo schermo deciso dai creatori di Showtime non sarà, tuttavia, la sola novità che ci riserva la prossima rentrée. E’ di mercoledì, infatti, la notizia che al Festival internazionale del film di Toronto verrà presentato in anteprima mondiale l’atteso documentario di Daniel e Emmanuel Leconte sull’attentato alla redazione della rivista francese e sulle sue conseguenze. Le riprese di “Je suis Charlie”, titolo mutuato dallo slogan creato dal grafico francese Joachim Rocin, sono cominciate due settimane dopo i tragici fatti, ma nel prodotto finale, secondo quanto riportato dal Figaro, non figureranno né Luz, autore della copertina “Tout est pardonné”, né Patrick Pelloux, medico e collaboratore di punta del settimanale. Tre dei vignettisti storici di Charlie Hebdo morti a gennaio durante l’attacco islamista, Cabu, Tignous e l’ex direttore Charb, appariranno nel documentario in alcune immagini d’archivio.

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