La cancelliera tedesca Angela Merkel (foto LaPresse)

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Giuliano Ferrara
Addio Spinellopulos. La coalizione di giovani cosmopoliti del cazzeggio e quella rivalutazione totale del governo di santa Fornero - di Giuliano Ferrara

Tienimi-da-conto-Merkel. Però. Stessa faccia, stessa razza. Io mi sento greco. Ma l’accordo non lo trovo umiliante. E’ realistico. E’ espressivo di quel che l’Europa della moneta unica è effettualmente, non di quello che si vorrebbe fosse quando si passa al suo sportello. E’ la sconfitta di sei mesi di politica universitaria, roba che neanche nel favoloso 1968 sarebbe stata concepibile. E’ il risultato di un piccolo e meraviglioso paese fatto a pezzi dall’ideologia, ora da ricostruire. E’ la rivalutazione totale del governo Monti 2011, di santa Elsa Fornero, dell’appoggio convinto di Berlusconi e Bersani all’esperimento di “depoliticizzazione della democrazia”, concetto sul quale abbiamo studiato qui al Foglio, e non poco. E’ l’aureola su Giorgio Napolitano, comunista realista e riformista europeista da beatificare in vita. E’ il timbro sul governo Renzi-Marchionne, che grazie al Nazareno ha infine velocemente allontanato gli spettri del sinistrismo parrocchiale e goliardico. E’ un accordo sul quale vale la pena rifletta con sensibilità politica ed economica l’amico ed ex premio Nobel Renato Brunetta. Il simpatico talk show host Landinis, autore della coalizione sociale syrizana ancora in fieri, ha anche lui da pensare. E’ l’accordo che seppellisce la brigata Kalimera, con tutti i suoi Salvini, Grillo, Spinellopulos, Florestakis, e con la minoranza de sinistra ex Pd e i cocci sparsi dell’antagonismo impegnati a godere delle sventure di un popolo incolpevole, che ha votato con l’innocenza del cuore, da sempre cattiva consigliera, prima per Tsipras e Varoufakis, poi per il “no” al referendum scellerato. Una cosa sembra accertata, altro che polls, qui da noi non avremo grilli per la testa. La lezione servirà.

 

In soli sei mesi la demagogia populista e classista di una coalizione di giovani e ardenti cosmopoliti del cazzeggio e di vecchi stalinisti ateniesi, con il corteggio e l’appoggio di destre improbabili e “dorate”, ha messo la Grecia in ginocchio, recessione di nuovo, fuga dei capitali anche popolari, minuti, boria nazionalistica spacciata per velleità di riforma dell’Europa della moneta unica, ma il tutto senza moneta, senza produttività, senza lavorare abbastanza e riformare alcunché. Non poteva conseguire altro che quello che è infine accaduto. Non è colpa, Schuld, della Germania, che è cattiva abbastanza, ma non tanto da prendere atto di un fallimento debitorio (Schuld) infinito senza battere il ciglio degli eurobillions che ora il valoroso Parlamento tedesco, il Bundestag, dovrà ratificare ma dopo che l’agorà ateniese avrà messo nero su bianco tasse vere, privatizzazioni vere, garanzie vere e monitorabili dalle istituzioni cioè dalla Troika.

 

Tienimi-da-conto-Winckelmann. Quel grande storico dell’arte antica e critico archeologico del Settecento, Johann Joachim nato nel Brandeburgo, ispirò Goethe e predicò “la tirannia della Grecia sulla Germania”. Per paradosso, i tedeschi sono più greci dei greci, lo sono carnalmente e intellettualmente, e gli orrori dell’occupazione nazista novecentesca non cancellano lo splendore di una cultura amica settecentesca, carica di ammirazione ed erotismo. Ma la tirannia della bellezza non può scadere in ricatto contabile, in marchetta (e Winckelmann ne sapeva qualcosa). Bisogna rifare i conti con i crucchi. Erano e restano criticabili per eccessi moralistici e protestanti. Eppure l’Europa creata da loro e con loro è un soggetto possibile della storia mondiale, Weltgeschichte, a condizione che certe regole siano rispettate, magari con maggiore flessibilità, invece che oltraggiate e calpestate da studenti fuori corso votati per un autogoverno che ha i suoi limiti. La “depoliticizzazione della democrazia”, che abbiamo seppellito troppo presto anche come materia di un dibattito avviato su queste colonne, vuol dire appunto che accordi e compromessi rispettosi della volontà popolare, della volontà generale, si fanno tra classi dirigenti informate dei fatti, che non hanno studiato bellurie in Australia e in Texas in compagnia di economisti americani andanti e altra bella gente convinta di saperla troppo lunga.

 

[**Video_box_2**]La democrazia sovranazionale e monetaria ha i suoi difetti e i suoi pregi, ma due sono le cose, o stai dentro o stai fuori, e per stare dentro qualche fatica di mercato ti è richiesta. L’Europa è questo, questa è la convergenza necessaria. Si può farne a meno, ma non con il saldo a carico dei contribuenti degli altri paesi europei. Ora Varoufakis è al mare, e il nuovo ministro greco delle Finanze, che ha studiato a Oxford ed è si spera un marxista pragmatico, avrà il suo bel daffare per riparare sei mesi di bizzarra follia. La brigata Kalimera dovrebbe passare le vacanze di agosto ad Atene e Salonicco, e portare medicine e aiuti, ma stanno per andare al mare anche loro.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.