Ash Carter, segretario alla Difesa, durante l’interrogazione della commissione Forze armate al Senato americano (foto LaPresse)

Assad sopravviverà a Obama

Redazione
Il nulla strategico di Washington è in una battuta rivelatrice al Senato. Graham si è fatto insistente: Assad o Obama? “Spero Assad, ma non penso”, ha risposto infine Carter.

Il più falco dei candidati repubblicani alla presidenza, Lindsey Graham, ha forma mentis e abilità retorica d’avvocato. Quando s’è trovato davanti il segretario del Pentagono dell’Amministrazione avversaria, Ash Carter, gli ha lanciato una domanda perfetta per indurlo nella trappola: chi se ne andrà prima dal suo posto, Bashar el Assad o Barack Obama? Carter ha traccheggiato, ci ha girato intorno, ma un’interrogazione della commissione Forze armate al Senato non è una chiacchierata al bar, e Graham si è fatto insistente: Assad o Obama? “Spero Assad, ma non penso”, ha risposto infine Carter. Obama se ne andrà dalla Casa Bianca nel gennaio 2017, su questo ci sono pochi dubbi, mentre Assad difficilmente lascerà la presidenza della Siria per dare spazio a libere elezioni. E certo l’Amministrazione Obama non ha fatto molto per rovesciare il dittatore siriano, nonostante i proclami di questi anni e le linee rosse impunemente violate. Quello che rimane della pressione americana su Assad è uno “spero di sì, ma penso di no”.

 

Tempo fa un cronista ha chiesto a Obama  se il governo stesse discutendo sui modi per rimuovere Assad dal potere, e il presidente non ha sentito alcun attrito rispetto alle sue posizioni precedenti, limitandosi a rispondere: “No”. Sono lontani i tempi in cui Assad doveva andarsene, e lontanissimi quelli in cui  John Kerry si lanciava all’attacco dell’“oscenità morale” commessa dall’esercito siriano quando ha preso a usare le armi chimiche contro il proprio popolo. L’uso degli ordigni che ripugnano alla coscienza obamiana e globale non è mai stato interrotto del tutto, ma gli eventi in Siria e in Iraq hanno consolidato la posizione di Assad, protetto da Iran e Russia, potenze antagoniste con le quali la Casa Bianca preferisce dialogare, nonostante invasioni, annessioni, minacce. La leadership di Assad è sembrata a lungo appesa a un filo, a consolidarla ci ha pensato Obama con uno sfoggio di realpolitik in perfetta opposizione alla retorica di una storia che ha un lato giusto e uno sbagliato. Non si sa come andrà a finire, certo, ma anche al Pentagono pensano che il prossimo a uscire di scena fra i due leader sarà Obama.