Un militare tunisino davanti a uno degli alberghi colpiti dagli attentati di venerdì (foto LaPresse)

Da Soussa a Bali. Perché il jihad si scatena contro gli “hotel del vizio”

Giulio Meotti
I terroristi hanno scoperto che un attacco a una struttura a 5 stelle genera il panico e attrae i media, una manna per il reclutamento - di Giulio Meotti

Roma. Il terrorismo negli anni Settanta e Ottanta sceglieva le infrastrutture dell’“imperialismo”, oleodotti e aerei di linea. Oggi il jihad punta agli alberghi di lusso, come quelli di Soussa, in Tunisia, o l’Hotel Sheraton, colpito un mese fa dallo Stato islamico a Baghdad. E’ stato Stratfor, organizzazione americana che fornisce consulenza per la sicurezza, a spiegare cosa sta succedendo: “Ci sono stati 30 attentati contro gli hotel negli otto anni precedenti l’11 settembre. Negli otto anni successivi all’11 settembre, ci sono stati 62 attacchi contro gli hotel”. Nel 2002, a Bali, in Indonesia, al Qaida fece strage di turisti occidentali: duecento morti. L’islamismo aveva in odio l’“isola dei sorrisi”, enclave hindu in un paese musulmano, con le spiagge mozzafiato piene di turiste in bikini. Nel 2005 è la volta di Sharm el Sheikh, minuscolo villaggio trasformato da Hosni Mubarak in attrazione globale. A Netanya, in Israele, un kamikaze uccise trenta israeliani al Park Hotel. Era la sera della Pasqua ebraica.

 

La catena Marriott è stata devastata nel crollo delle Twin Towers e verrà dilaniata nuovamente otto anni dopo a Islamabad, in Pakistan. I terroristi lo chiamavano “covo di decadenza occidentale”, con la piscina per le donne straniere e il bar nel seminterrato dove veniva servito alcol. In macerie l’Hilton a Taba, lo Sheraton di Karachi e a Nairobi l’hotel Norfolk degli israeliani. 57 i morti al Radisson Hotel di Amman, frequentato da diplomatici e cittadini stranieri, “politeisti” secondo Abu Musab al Zarqawi. A Mumbai, nel 2008, muoiono trenta turisti occidentali al Taj Mahal.

 

In un rapporto, intitolato “Il terrore contro gli hotel”, gli analisti di Stratfor spiegano che gli alberghi sono, a differenza di autobus o altri obiettivi civili, prima di tutto target ideologici: “Gli hotel sono tra i simboli più importanti della cultura occidentale. I jihadisti vedono gli attacchi agli hotel in linea con l’ingiunzione coranica di vietare il vizio e promuovere la virtù. E’ l’attacco a una élite corrotta che gode a spese della maggioranza impoverita. Gli hotel sono luoghi in cui uomini e donne si mescolano liberamente, e gli ospiti possono consumare alcol, ballare e fare sesso”. Proprio l’immagine che nel 1948 ispirò Sayid Qutb, l’intellettuale egiziano padrino del moderno jihad. Scelgono gli alberghi di lusso perché sono frequentati da ebrei, infedeli occidentali, musulmani ordinari, uomini d’affari. Sono il simbolo dell’“idolatria”. I terroristi hanno poi scoperto che un attacco a una struttura a 5 stelle genera il panico e attrae i media, una manna per il reclutamento. Causano gravi danni alla psiche collettiva di un paese. “Questi hotel sono avamposti fortificati di una cultura straniera”, ha scritto Jason Burke, studioso di al Qaida. “Rappresentano la ricchezza, l’occidentalizzazione e la corruzione morale contro cui combattono i militanti islamici”.

 

[**Video_box_2**]Il terrorista inglese Omar Khyam ha confessato di aver abbracciato la guerra santa dopo aver visto uno spettacolo in un nightclub. E a Bali, quella notte, i terroristi non colpirono soltanto un resort di lusso. Ma anche il nightclub Sari. Come nel romanzo “Piattaforma” di Michel Houellebecq. Ieri la replica sulle spiagge tunisine. Una catarsi terroristica da realizzare nella confortevole promiscuità drogata di piacere.

 

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.