Combattenti del LIbero esercito siriano a Tal Abyad

I curdi siriani vincono a Tal Abyad, tutti gli altri sono scontenti

Daniele Raineri
Strappata una città al confine della Turchia dal controllo dello Stato islamico, grazie ai jet americani. Ecco chi non festeggia

Roma. Ieri una forza mista formata in maggioranza da combattenti curdi dello Ypg, l’ala militare del partito curdo siriano (legato al Pkk), e dall’Fsa, l’esercito siriano libero, ha conquistato la città di Tal Abyad, che era in mano allo Stato islamico dal 2013. Tal Abyad è uno dei punti di passaggio sul lungo confine tra Siria e Turchia e la sua perdita è un colpo duro per i baghdadisti – perché era la via più breve tra Raqqa, che assieme a Mosul è una una delle due capitali di fatto dello Stato islamico, e il confine turco. Il checkpoint che sorveglia il confine è chiuso e sorvegliato dall’esercito turco, ma i traffici illeciti di persone e greggio avvenivano nei paraggi – ora perduti assieme alla città. Tanto per capire: quando lo Stato islamico decideva di liberare ostaggi, i negoziatori aspettavano il loro arrivo dal lato turco del checkpoint di Tal Abyad.

 

Si tratta di un colpo duro perché ora l’avanzata di questa forza mista Ypg/Fsa minaccia di scendere da nord – attraversando un breve tratto di pianura siriana spoglio e senza ostacoli naturali – fino alle porte di Raqqa. Se a gennaio lo Stato islamico era ancora sul punto di inghiottire il cantone di Kobane, ultimo scampolo di territorio curdo sempre sul confine ma più a est, ora la situazione si è rovesciata. Si rivede di nuovo la bandiera dell’esercito libero, che – dice un comandante contattato dal Washington Post – ora sta chiamando direttamente gli americani per passare le coordinate da dare ai piloti che bombardano lo Stato islamico. Si tratta di una novità assoluta e di un balzo in avanti nella collaborazione tra siriani del Fsa e Stati Uniti – che dopo quattro anni di guerra aveva preso ormai un sapore illusorio e patetico, come di una promessa sempre sul punto di essere mantenuta e sempre rinviata.

 

La conquista di Tal Abyad e la vista della bandiera a tre stelle del Fsa sono un film dell’orrore per il governo siriano, che sulla narrativa “L’occidente deve scegliere se stare con noi oppure con lo Stato islamico” sta provando a costruire le sue chance di lunga durata. In realtà, dal punto di vista militare Damasco non sta dimostrando di poter strappare territorio ai baghdadisti, anzi, lo cede, come è successo di recente a Palmyra, con relativo accompagnamento di esecuzioni efferate e violenze. Lo stesso si teme potrebbe accadere nella vicina città di Deir Ezzor, ormai assediata da tutti i lati e a cui si accede (e da cui si scappa) soltanto in aereo dalle piste in mano ancora all’esercito del governo. Se a questo si aggiunge la notizia che gli Stati Uniti stanno collaborando – anche se soltanto dal punto di vista tattico, con copertura aerea – con l’esercito libero, allora la caduta di Tal Abyad suona come una cattiva notizia per Damasco. Non è di utilità alcuna, anzi è controproducente. tanto valeva restasse in mano ad Abu Bakr al Baghdadi. E’ il gioco dei fattori della guerra siriana, in cui non è detto che il governo centrale festeggi la sconfitta di un protagonista pericoloso e brutale su al nord, in un posto lontano che ormai non controllava più da tanto tempo.

 

[**Video_box_2**]Anche il governo turco non è dell’umore giusto per festeggiare. Lo Ypg è pur sempre una diretta emanazione del Pkk, con cui c’è una guerra infinita in corso – anche se adesso è un conflitto sospeso, forse in via di risoluzione. Vedere i jet americani coordinarsi con lo Ypg, pimpante più che mai, e i curdi avanzare lungo tutto l’altro della frontiera, è un fattore di nervosimo per Ankara – come scrive senza giri di parole l’agenzia Associated Press. E contro l’avanzata dello Ypg sono anche una quindicina di grandi gruppi anti Assad, che fin da ora stanno accusando i curdi di “pulizia etnica” contro gli arabi. I curdi hanno preso con loro i combattenti arabi dell’Fsa per scongiurare tali accuse, ma non basta. In Siria quella che suona come una buona notizia per un lato del fronte è a volte una cattiva notizia per gli altri dieci, venti, cento lati.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)