L'inviato delle Nazioni unite in Libia, Bernardino Leon (foto LaPresse)

Negoziati Onu al collasso a Tobruk

Redazione
In Libia un altro passo verso una guerra che riguarda anche noi.

Martedì il Parlamento di Tobruk ha rispedito al mittente anche la quarta bozza dell’accordo proposto dalle Nazioni Unite per creare un governo di unità nazionale in Libia. Non va nemmeno al quarto tentativo, direbbero i telecronisti se fosse una partita. Il Parlamento di Tobruk ha anche vietato ai suoi delegati di volare in Germania, dove in teoria avrebbero dovuto incontrarsi con diplomatici europei e africani per trovare una soluzione all’impasse, come chiesto dall’inviato speciale dell’Onu per la Libia, Bernardino León. E pensare che un’ora prima León s’era detto ottimista, e che due giorni fa anche i ministri degli Esteri di Italia, Egitto e Algeria, dal Cairo, avevano detto di avere fiducia nel piano delle Nazioni Unite per la Libia.

 

Quel piano prevede la pace tra Tobruk e Tripoli, e poi la creazione di un governo di unità nazionale per combattere lo Stato islamico: non sta funzionando, e i negoziati stanno collassando. C’è un limite al numero di volte in cui le trattative possono fallire, prima che falliscano per l’ultima volta, quella definitiva. L’impressione è che León stia frustando un cavallo moribondo, se non già morto: non si alzerà. Il che vuol dire che toccherà a qualcun altro mettere ordine nella guerra civile libica, e quindi anche a noi. Se non si mette ordine, ci saranno più ondate di barconi, più campi di addestramento di terroristi, più traffici di armi, più guai. Da martedì insomma la guerra è un po’ più vicina. E mentre le due parti non si mettono d’accordo, il terzo non perde tempo: lo Stato islamico martedì ha preso anche la centrale elettrica di Sirte, completando la raccolta dei punti chiave della città, dopo il centro e l’aeroporto. Loro sanno come usare il tempo, lo stesso che tutte le altri parti in causa stanno sprecando.