Ora i media americani si chiedono: cosa leggeva Hillary Clinton quando fu scattata questa foto?

L'affare Blumenthal

Che cosa c'è scritto in quelle mail libiche che inguaiano Hillary

Daniele Raineri

L’amico da 10 mila dollari, i rischi per i diplomatici americani e i troppi buchi nella posta elettronica della Clinton

Roma. I media americani passano al setaccio le email di Hillary Clinton quando era segretario di stato e, tra le altre cose, si occupava della guerra in Libia e del dopoguerra, negli anni 2011 e 2012. Sperano di trovare rivelazioni, errori, dettagli e incongruenze da sfruttare nella campagna elettorale, quando vale ogni colpo più che basso. Clinton allora usava un indirizzo di posta elettronica privato – e non dell’Amministrazione, come ora è obbligatorio per chi ricopre il suo incarico – ed è stata costretta a consegnare agli archivi del governo il contenuto di quelle email (finirà di farlo entro gennaio), anche se migliaia sono già state distrutte prima della consegna perché sono state definite “personali”.

 

Cosa stanno trovando i media? Ieri il sito americano Politico ha scritto (scoop) che la Fondazione Clinton, l’ente no profit che funziona come collettore di soldi e di idee (ma più di soldi) per la coppia più potente della politica americana, pagava 10 mila dollari al mese Sidney Blumentahl, consigliere di Hillary. Blumenthal è un giornalista cresciuto all’ombra dei Clinton e durante e dopo la guerra contro Muammar Gheddafi si assunse l’incarico (non richiesto, dice Hillary) di consulente per il dossier Libia, e mandò 25 rapporti pieni di dettagli che ricevettero accoglienze diverse. Una email del 23 agosto 2012 in cui fornisce informazioni sul generale Haftar è giudicata da Hillary “molto interessante”. Un’altra del marzo di quello stesso anno è giudicata poco più di una teoria del complotto. Blumenthal scrive che la Francia è scontenta di avere ottenuto poco o nulla dalla guerra, sta sobillando i clan nell’est del paese per ottenere una loro separazione di tipo federalista, con il vecchio nome arabo di “Barqa”.

 

Hillary gira la email allo staff e commenta che le sembra poco credibile. Come nota il Washington Examiner, la mancanza di altre fonti d’informazioni riguardo la Libia oltre ai rapporti inviati dal giornalista nella posta elettronica di Clinton suggerisce due possibilità: “O le email pubblicate finora sono soltanto una frazione del totale, oppure lei faceva affidamento quasi totale su Blumenthal per farsi un’idea sul paese nel caos”.

 

In un’altra email il giornalista/consigliere-non-richiesto suggerisce al segretario di stato americano di chiedere aiuto a Bernard-Henri Lévy, l’intellettuale francese, perché grazie ai suoi contatti in Israele, Siria e altri paesi del medio oriente “sarà possibile capire quanta influenza hanno davvero gli estremisti seguaci di al Qaida e di altri gruppi terroristici dentro al governo libico”.

 

[**Video_box_2**]In alcuni messaggi già si intravede il processo disastroso di deragliamento in atto nel paese: il 21 febbraio un rapporto spiega, tra le altre cose, che il presidente e il primo ministro libico hanno deciso di pagare 1.500 dollari al mese a ogni famiglia di combattente ucciso o ferito per tenere buone le milizie, comprese quelle islamiste.

 

Un secondo ordine di problemi è dato dai buchi nella sequenza delle email. Non ci sono messaggi che riguardano la Libia in almeno quattro intervalli di tempo giudicati sospetti: tra il 10 giugno e l’8 agosto 2011, tra il 14 settembre e il 21 ottobre 2011 (quando Clinton volò a Tripoli), tra il 21 ottobre e il 5 gennaio 2012 (quando la missione diplomatica americana a Bengasi fu estesa di un altro anno) e infine tra il 27 aprile e i 4 luglio 2012, quando ci fu una serie di attacchi contro sedi diplomatiche. Per colpa di queste omissioni non ci sono mail del giorno in cui a Hillary fu scattata la foto famosa in cui legge il BlackBerry con gli occhiali scuri mentre vola sull’aereo del dipartimento di stato verso la Libia. Quella foto circolò molto come simbolo della sua coolnees e della sua abilità di diplomatica e per un po’ quell’immagine divenne anche la foto profilo di Clinton su Twitter. Cosa stava leggendo in quel momento sul Blackberry? è la domanda.

 

In alcune mail finite al pubblico ci sono anche avvisi sul rischio crescente per i diplomatici americani in Libia, che inevitabilmente saranno ripresi in questa campagna elettorale: i repubblicani aspettano Clinton al varco e potrebbero risollevare di nuovo il caso Bengasi – nel 2012 l’ambasciatore americano Chris Stevens fu ammazzato da un gruppo estremista.
Tuttavia, come scrive il sito New Republic, l’imbarazzo più profondo potrebbe arrivare dal decorso disastroso della guerra in Libia. Una email dell’agosto 2011 di un membro dello staff rivendica il ruolo da leader di Clinton nell’ottenere, costruire e gestire l’intervento americano nel paese arabo. “L’apice del suo successo”. Con il senno di poi, la candidata non farà della Libia il punto centrale della campagna.
 

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)