Nessun dibattito sulle nozze gay in Irlanda

Giulio Meotti
La demonizzazione di chi dice no. Nel 1985 due ex religiose americane, in Irlanda per presentare un libro sull’omosessualità nei conventi, si videro rifiutare da un albergo a Dublino. Oggi la stessa sorte tocca ai contrari alle nozze gay.

Oggi l’Irlanda potrebbe diventare il primo paese al mondo a introdurre le nozze gay per via referendaria. E’ stata forse una grande opportunità per discutere di matrimonio e società? No. Non c’è stato alcun dibattito. Piuttosto in queste settimane, come scrive Brendan O’Neill sul libertario Spiked, “la parte critica del matrimonio gay è stata demonizzata quotidianamente, trattata come eretica, criminale, accusata di causare danni psicologici, costretta a fare pubbliche scuse semplicemente per aver espresso la propria convinzione che il matrimonio deve essere tra un uomo e una donna”. Tutto l’establishment in Irlanda, a parte i vescovi sempre più ininfluenti e intimiditi, ha sostenuto il matrimonio gay. Dal primo ministro Enda Kenny, al presidente Michael Higgins, tutti i media – in particolare l’Irish Times, la voce dell’élite di Dublino che definisce l’agenda morale – ogni persona con qualche potere si è schierata a favore delle nozze tra omosessuali.

 

La Psychological Society of Ireland ha lanciato un avvertimento: la propaganda del campo avverso al matrimonio gay potrebbe avere “un impatto negativo sulle persone”. Il cattolico Bono Vox degli U2 è la più famosa delle star scese in campo a favore delle nozze gay, assieme al business. Come eBay, che dà lavoro a migliaia di persone, e Twitter, il cui capo della sezione irlandese ha scritto che votare a favore delle nozze gay “migliorerà la reputazione irlandese nel mondo”, e va da sé che se ti opponi, reprobo, sarai responsabile del contrario. Come ha fatto un paese che fino al 1993 aveva una legge omofoba che proibiva l’omosessualità a chiudere il dibattito fino a questo punto? Passando da una intolleranza all’altra. Nel 1985 due ex religiose americane, in Irlanda per presentare un libro sull’omosessualità nei conventi, si videro rifiutare da un albergo a Dublino. Oggi la stessa sorte tocca ai contrari alle nozze gay.

 

[**Video_box_2**]Lo Spectator commenta che “la classe politica che parteggia per il sì vuole dimostrare di lasciarsi alle spalle il passato religioso dell’Irlanda”. Sostenere le nozze gay è diventato, nelle parole del giornalista Eilis O’Hanlon, “un modo che le persone influenti hanno per identificarsi con una élite illuminata”. Come ha scritto Vincent Twomey, autore di uno studio sul declino cattolico in Irlanda, c’è stata una potente campagna di intimidazione: “I pochi che hanno il coraggio di esprimere le proprie opinioni in pubblico hanno sperimentato un attacco nei social media. I più intimiditi di tutti sembrano essere i nostri rappresentanti eletti. Per oltre un anno, la campagna condotta dal governo e spinta dai media è stata implacabile”. Soltanto un politico si è dimesso pur di non seguire le imposizioni di partito, il senatore Jim Walsh. Anche la polizia si è schierata per il sì, con l’associazione Garda. E’ facile immaginare come possa finire oggi fra la sacralizzazione dello “Yes” e la demonizzazione del “No”. L’Irish Times ha suggerito la creazione di un “homophobia watchdog” per monitorare i contrari alle nozze gay. E’ come nei “due minuti d’odio” in “1984” di George Orwell, le masse che inveiscono contro Emmanuel Goldstein e chiunque manifesti segnali di eterodossia, perfino espressioni facciali non consone al contesto, che viene considerato un traditore, un abominio morale.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.