L'arresto di uno dei terroristi che attaccarono il Museo Bardo a Tunisi lo scorso 18 marzo (foto LaPresse)

Guerra di rivendicazioni

La mappa dell'espansione jihadista in Tunisia aiuta a capire il pasticcio Tuil

Daniele Raineri
Pure la duplicazione dei gruppi terroristici dopo la strage del Bardo dietro la grande confusione. Inquirenti italiani spiazzati

Roma. Sta diventando una storia di incongruenze fiacche il caso di Abdel Majid Touil, il cittadino marocchino accusato di aver fatto parte del commando che ha attaccato il museo del Bardo a Tunisi. Gli investigatori tunisini sostengono che Touil fosse a Tunisi il 18 marzo, giorno della strage di turisti stranieri, e che abbia materialmente passato le armi ai due attentatori suicidi. Gli inquirenti in Italia escludono che fosse a Tunisi, perché ci sono testimonianze sulla presenza dell’uomo in Italia, e tra queste la sua partecipazione a lezioni per imparare l’italiano il 16 e il 19 marzo – cosa che rende ardua la sua presunta presenza a Tunisi. Resta l’accusa di essere tra i pianificatori dell’assalto, che dovrà essere chiarita, mentre c’è da registrare lo sgonfiarsi delle dichiarazioni di giovedì (trionfali) al livello di constatazione attendista (il ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Abbiamo solo eseguito un mandato tunisino”). Il caso attende di essere chiarito, anche per la sua carica politica inevitabile: Tuil è clandestino, è arrivato su un barcone, e in queste settimane l’Italia sta negoziando uno dei piani per l’immigrazione più ambiziosi mai discussi in Europa.

 

La seconda incongruenza ancora non spiegata dagli investigatori tunisini riguarda la responsabilità della strage. A maggio è uscito l’ottavo numero di Dabiq, la rivista in inglese dello Stato islamico, che a pagina diciotto rivendica l’attacco del 18 marzo a Tunisi, con tanto di foto dei due “leoni dello Stato islamico”. Il gruppo non ha finora mai rivendicato attacchi che non ha effettivamente compiuto. Eppure il governo tunisino continua ad attribuire l’assalto a un’altra fazione, molto meno conosciuta, la brigata Okba bin Nafaa, edizione locale di al Qaida – e quindi rivale. Sbaglia? Chi ha ragione?

 

Per ora non si sa – e probabilmente la risposta non si trova nel materiale sequestrato al presunto terrorista, come chiavette Usb e telefonino, considerato il tono ormai molto cauto del ministero.

 

Il caso Tuil, gli investigatori tunisini (e quindi quelli italiani) e tutte le indagini che riguardano il massacro al Bardo sono sospesi in questa nuova, recente duplicazione dei gruppi terroristi nel paese. Da una parte la vecchia base, che dal 2012 conduce una guerriglia a bassa intensità e piuttosto isolata contro l’esercito nella zona montuosa del Jebel Chambi. Qualcuno ricorda, all’estero, qualche grande colpo della Brigata? Ci sono stati tentativi di attentati, ma non hanno creato preoccupazione all’estero. Dall’altra c’è lo Stato islamico con la sua ambizione di espansione internazionale, che vuole lanciare in Tunisia una campagna in grande stile come in Yemen, Egitto e Nigeria – approfittando della vicinanza con la Libia, che vuol dire armi, anarchia, campi d’addestramento. E quello che hanno fatto Jabeur Khachnaoui Yassine el-Abidi, i due attentatori tunisini del museo del Bardo, che secondo il governo hanno passato del tempo ad addestrarsi in Libia prima di fare ritorno nel paese.

 

Pochi giorni fa i tunisini dello Stato islamico hanno messo su Internet la loro dichiarazione di fedeltà ad Abu Bakr al Baghdadi, che è il solito passo preliminare necessario all’apertura di una nuova regione del Califfato. In questo caso si chiama Wilayat Ifriqiya, un nome dell’islam medievale che comprende la Tunisia, l’Algeria orientale e la Libia occidentale – e quindi confinerà direttamente con un “Wilayat” già fondato, quello di Tripoli, che poi in realtà per ora gravita attorno alla città di Sirte, molto più a est.

 

Questa contiguità tra anarchia libica e Tunisia ci interessa, perché una parte un po’ trascurata del piano Mogherini per l’immigrazione prevede accordi e collaborazione con i governi dei paesi vicini alla Libia, per evitare che gli scafisti cambino semplicemente punto d’imbarco e rendano inutili le operazioni (anche) militari.

 

[**Video_box_2**]Domenica l’agenzia Reuters ha pubblicato una lunga inchiesta sui due stragisti del Bardo – che secondo gli investigatori tunisini erano in contatto con il cittadino marocchino arrestato a Milano. Entrambi erano due giovani provenienti dalla middle class per nulla disperata del paese, uno appassionato di moda e l’altro studente di letteratura, entrambi erano lontani dall’attivismo politico sfrontato dei salafiti ed erano piuttosto inclini al basso profilo. Il punto in comune che li unisce: il periodo passato in Libia.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)