Florian Philippot (foto LaPresse)

Quel che ci dice Philippot, l'uomo che fa infuriare papà Le Pen come nessuno

Mauro Zanon
La sua ascesa è divenuta inarrestabile nel 2011, quando la leader del Front national decise di nominarlo direttore della sua futura campagna presidenziale, prima di promuoverlo nel luglio del 2012 vicepresidente del Fn.

Parigi. E pensare che Marine Le Pen non voleva neppure conoscerlo, Florian Philippot. “Vuoi presentarmi un enarca? No, per favore, mi annoierei”. Ma Paul-Marie Coûteaux, che all’epoca era la figura di riferimento dei milieu sovranisti di destra, riuscì a convincerla. Marine si recò nell’appartemento situato nella rive gauche, dove Coûteaux organizzava le sue celebri cene di presentazione per lanciare i giovani talenti. Tra la leader del Front national e quell’“enarca”, proveniente dall’universo delle élite che il suo partito aveva sempre combattuto, scattò un inaspettato colpo di fulmine. Da quella sera del 2009, Florian Philippot, che dall’Ena era uscito da appena due anni, si mise al servizio di Marine Le Pen, disse di essere interessato al suo “discorso sociale” e battè sull’importanza del ritorno allo stato sovrano, un’ossessione fin da quando militò in prima linea nel 2005 contro il Trattato sulla Costituzione europea. La questione dell’immigrazione interessava poco a Philippot, o comunque soltanto da una prospettiva economica, lo appassionava più la lotta per la sovranità economica e monetaria della Francia, l’affermazione delle frontiere e l’affrancamento da Bruxelles. Una lotta che lo avvicinò al sovranista di sinistra ed ex candidato alle presidenziali Jean-Pierre Chevènement, e lo ricongiunse idealmente con Charles De Gaulle, “la mia figura di riferimento in assoluto”.

 

L’ascesa di Philippot è divenuta inarrestabile nel 2011, quando la leader del Front national decise di nominarlo direttore della sua futura campagna presidenziale, prima di promuoverlo nel luglio del 2012 vicepresidente del Fn con delega alla strategia e alla comunicazione. Marine capì nell’aprile del 2011 che il ragazzotto venuto dal nord ci sapeva fare, quando, con lo pseudonimo di “Adrien”, Philippot si spacciò per un alto funzionario del ministero delle Finanze, organizzando una conferenza proprio a Bercy per presentare il programma economico della leader frontista. Nessuno sapeva chi fosse quel giovane brillante che costruiva una cultura economica per Marine. Da quel giorno, giura Philippot con un filo di humor, non tiene più “conferenze in burqa”.

 

Oggi Philippot, all’origine dell’ormai celebre strategia della “dédiabolisation”, che ha dato i suoi frutti nel corso delle ultime scadenze elettorali, è fin troppo in vista. Consigliere privilegiato di Marine Le Pen, è “l’uomo che sussura all’orecchio della presidente frontista”, è intoccabile e la sua scalata irrita molti in seno al Front , al punto che i suoi detrattori più accaniti lo hanno ribattezzato malignamente “Philippot 1er”. Tra questi c’è papà Jean-Marie Le Pen, il fondatore del Fn attualmente sospeso dal partito, che ha accusato Philippot di essersi impadronito dell’“apparecchio frontista” e di aver piazzato tutti i suoi “mignon”, i suoi cocchini, cioé i giovani gollisti del nuovo corso – in realtà Le Pen ha parlato di “eterofobi gollisti”, per provocarlo sulla sua omosessualità – nei posti che contano.

 

“Jean-Marie Le Pen appartiene al passato. Approfitteremo della crisi scatenata dalle sue reiterate provocazioni sulle camere a gas e su Pétain, che hanno danneggiato l’immagine del movimento, per rifondare il Fn, per professionalizzarlo, per modernizzarlo. Trasformeremo questo momento difficile in un’opportunità, tramite un’assemblea generale straordinaria, per fare del Fn un movimento patriottico”, dice al Foglio Philippot. Trasformazione che potrebbe condurreanche a un cambio di livrea, come anticipato domenica scorsa al Journal du dimanche: “Il nome del Front national non è più sacro”. In vista delle regionali di dicembre e soprattutto delle presidenziali del 2017, Philippot afferma la necessità di un’alleanza dei patrioti per contrastare il Ps e l’Ump “che stanno facendo molto male alla Francia”. Un’alleanza che coinvolga tutti i sovranisti di Francia e innanzitutto Nicolas Dupont-Aignan, leader di Debout la France, gollista di ferro come il vicepresidente del Fn, ma ancora restio ad avvicinarsi al partito guidato da Marine Le Pen per tutto ciò che il cognome Le Pen ha rappresentato nel passato: “All’85 per cento la pensiamo allo stesso modo, ma preferisce fare il cavaliere solitario. Noi abbiamo preso più del 25 per cento durante le ultime tornate elettorali, lui lo zero virgola. Ad ogni modo, sappia che è il benvenuto, pur con tutte le sue particolarità. E sono convinto che l’alleanza dei patrioti si farà prima del 2017”.

 

Tre settimane fa, il pettegolo Canard Enchaîné ha rivelato che Philippot, durante un tesissimo faccia a faccia al Carré, quartier generale del Fn, avrebbe messo spalle al muro la presidente, minacciando di togliere per sempre il disturbo se la parentesi del padre non veniva archiviata: “O lo cacci, o la tua presidenziale va a farsi fottere, e io me ne vado”. La sera stessa, Marine si presentò al tg di Tf1, la messa laica del francese medio, e scomunicò papà: “Jean-Marie Le Pen non deve più parlare a nome del Front”. Il parricidio in diretta e la consacrazione per il trentratreenne che dice con orgoglio di aver nel suo ufficio a Nanterre un ritratto del generale de Gaulle. “Ora c’è una sola linea, il ‘marinismoì, lotta all’immigrazione massiva, alle derive comunitariste, al lassismo giudiziario, all’Ue per ritrovare la nostra sovranità nazionale”, spiega Philippot, che preferisce sorvolare sulla divergenza di vedute con Marion Maréchal Le Pen, altro astro nascente del Front, plebiscitata dalla base frontista durante il congresso di Lione dello scorso novembre. Marion è più vicina al nonno, in economia è liberale, tiene moltissimo alle battaglie della Manif pour tous, e i suoi occhi cerulei riescono a contenere gli ardori del “Front des champs”, che non vede di buon occhio il Front parigino di Philippot e dei giovani gollisti. Quest’ultimo invece, come ha evidenziato il politologo Thomas Guenolé, è “fautore di un colbertismo che vuole federare il 'no' del referendum del 2005 alla Costituzione europea”, e si dice timidamente favorevole a un “Pacs rafforzato”. Il prossimo traguardo sono le elezioni regionali di dicembre, dove Philippot sarà capolista del Fn nella regione Alsazia Champagne-Ardenne Lorrena: “Posso vincerla, come mi auguro possa vincere Marion in Provenza-Alpi-Costa Azzurra (designata capolista dopo l’esclusione di Jean-Marie Le Pen)”.

 

[**Video_box_2**]Ma l’“homme qui sait tout”, come lo chiamavano i suoi compagni dell’Ena, sogna già Matignon, “è nell’ordine naturale delle cose”, e afferma con convinzione che quando Marine Le Pen arriverà all’Eliseo, la prima mossa sarà un riequilibrio della relazioni diplomatiche: “Dobbiamo finirla di demonizzare la Russia, non siamo più nella Guerra Fredda. La Francia deve essere una forza di equilibrio, che intrattiene buoni rapporti sia con Washington sia con Mosca, con Londra, con Roma, con Berlino, con Pechino”. L’ultima stoccata prima di volare a Strasburgo è contro Sarkozy e la sua “musa”, Bernard Henri-Lévy, responsabili dell’attuale disastro libico: “Stiamo pagando le conseguenze delle loro spacconate. Quell’intervento fu un errore politico clamoroso. Sarkozy non dovrebbe più avere il coraggio di presentarsi, Bhl dovrebbe essere scomunicato a vita, ma siccome la nostra è una democrazia malata, il primo si candida alle presidenziali e il secondo continua a pontificare. Nel 2011, siamo stati gli unici, noi del Fn, a mettere in guardia dai pericoli di quell’intervento. Attenti, destabilizzerete il paese, metterete al potere i jihadisti e spalancherete le porte a un’immigrazione massiva verso l’Europa. Ed è quello che è successo”.

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