Occhio alla violenza in Macedonia

Redazione
Un’altra crisi europea sta per essere arruolata nella neo Guerra Fredda

Per il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, quello che sta succedendo in Macedonia in queste settimane è facile da interpretare: se il paese è in preda all’instabilità, il governo traballa, ci sono scontri armati e manifestazioni di piazza la colpa è dell’occidente, che dopo il Maidan ucraino sta fomentando l’ennesima “rivoluzione colorata” per instaurare un governo compiacente. Le cose sono più complesse di così. Dieci giorni fa ci sono stati scontri armati nel nord del paese tra i macedoni e la minoranza albanese in cui sono state uccise quasi venti persone, e il governo del premier Nikola Gruevski ancora cercava di parare il colpo quando nella capitale è scoppiato un immane scandalo di intercettazioni illegali che ha costretto alcuni ministri alle dimissioni. Ci sono state grandi manifestazioni di piazza per chiedere le dimissioni di Gruevski, l’ultima di queste domenica, e la situazione è così grave che alcuni paesi vicini come la Serbia temono un’estensione della violenza.

 

L’instabilità macedone è frutto di problemi politici che vanno avanti da oltre un anno, e l’interpretazione di Lavrov, che ha parlato nel fine settimana da Belgrado, più che frutto di un’analisi attenta è il sintomo di una tensione tra Russia e occidente ormai non più sopportabile. Anche un piccolo stato come la Macedonia rischia di diventare il terreno di scontro per una crisi politica e diplomatica tra potenze (Lavrov ha citato il progetto di gasdotto russo Turkish Stream come possibile ragione del conflitto), ma questo significa trasformare ogni crisi locale in un intrico irrisolvibile. E’ una dinamica da Guerra fredda, non ne abbiamo nostalgia.

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