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Raid della Delta Force in Siria per catturare un leader dello Stato islamico

Daniele Raineri
Il loro obbiettivo era catturare Abu Sayyaf il tunisino, un leader di medio livello dei terroristi che è stato descritto come “il ministro del petrolio” del gruppo

Nella notte di venerdì i soldati della Delta Force, un’unità speciale dell’esercito americano, sono atterrati nel giacimento petrolifero di Al Amr, nella Siria occidentale, vicino al confine con l’Iraq e una trentina di chilometri a sud di Deir Ezzor. Il loro obbiettivo era catturare Abu Sayyaf il tunisino, un leader di medio livello dello Stato islamico che è stato descritto come “il ministro del petrolio” del gruppo. Abu Sayyaf era arrivato a combattere in Iraq nel 2003. Ora si occupava in Siria dei ricavi della vendita illegale del greggio estratto dai pozzi che sono nel territorio controllato dal gruppo – ricavi che rappresentano una quota importante del denaro che serve allo Stato islamico per continuare a esistere. 

 

I soldati della Delta Force secondo i media americani sono finiti subito sotto il fuoco dei combattenti del gruppo jihadista. I particolari a proposito di quello che è successo dopo sembrano tratti da un film d’azione e li si riporta qui con beneficio d’inventario: i soldati hanno dovuto uccidere con estrema precisione uomini dello Stato islamico che si facevano scudo con alcune donne, hanno dovuto combattere corpo a corpo dentro all’edificio principale e quando sono ripartiti i loro veicoli erano crivellati dai proiettili. Abu Sayyaf ha opposto resistenza alla cattura ed è morto nello scontro a fuoco. E’ stata catturata sua moglie, una irachena chiamata Umm Sayyaf (Abu Sayyaf vuol dire “padre di Sayyaf”, in arabo; Umm Sayyaf è “la madre di Sayyaf”. Sono entrambi due pseudonimi, i nomi veri non sono ancora stati detti). I soldati americani hanno portato con loro anche una diciottenne yazida rapita la scorsa estate e ridotta in schiavitù.

 

Il governo americano ha detto che la donna irachena è stata portata in un centro di detenzione americano in Iraq – ammettendo per la prima volta di avere riaperto una prigione militare in Iraq. Secondo alcuni rumors, questo centro sarebbe dentro l’aeroporto di Erbil, nel Kurdistan iracheno. La donna yazida sarà invece restituita alla sua famiglia “il prima possibile”. 

 

Di solito i leader dello Stato islamico in Iraq e Siria non sono catturati, ma presi di mira con bombardamenti mirati. In questo caso, è verosimile che il governo americano abbia lanciato l’operazione per raccogliere intelligence – ma non si sa di che tipo. Abu Sayyaf aveva molte connessioni dentro lo Stato islamico e teneva anche i conti finanziari del gruppo (e forse anche i rapporti con il governo siriano, che acquista petrolio dallo Stato islamico e tiene ancora regolarmente a libro paga i tecnici che lavorano ai pozzi) 

 

[**Video_box_2**]Il raid è avvenuto con la piena collaborazione del governo iracheno. E’ la terza volta dal 2008 che le forze speciali americane compiono un raid dentro il territorio siriano. Nell’ottobre 2008 uccisero un capo dello Stato islamico ad Albu Kamal – non molto lontano – che faceva passare attraverso il confine uomini e armi per il jihad iracheno, con la complicità del governo siriano che era stato avvertito delle attività di quel gruppo, ma non aveva agito. Nel luglio dell’anno scorso gli americani avevano provato a liberare senza successo un gruppo di ostaggi occidentali prigionieri dentro una raffineria nella zona di Raqqa, più a nord. 

 

Il governo siriano ha provato a intestarsi il raid, facendo dire alla tv di stato che l’esercito ha ucciso il “ministro del Petrolio” dello Stato islamico con un’incursione vicino Deir Ezzor. Aveva fatto la stessa cosa anche a luglio scorso, dopo il raid americano a Raqqa. Il governo americano sostiene che non c’è stata collaborazione con Damasco, e che non c’è stato un avvertimento in anticipo, soltanto un ammonimento a non interferire quando ormai l’operazione era in corso.
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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)