Paul Krugman (foto LaPresse)

Paul Krugman ha sbagliato tutto sull'Inghilterra? Sì, ma non lo dirà mai

Paola Peduzzi
Paul Krugman ha da sempre una posizione chiara sulla Gran Bretagna e sulla politica di austerità adottata dal governo di David Cameron: per il paese sarà un disastro, per i conservatori al governo anche peggio.

Milano. Paul Krugman ha da sempre una posizione chiara sulla Gran Bretagna e sulla politica di austerità adottata dal governo di David Cameron: per il paese sarà un disastro, per i conservatori al governo anche peggio. Non più tardi del 29 aprile, a pochi giorni dal voto britannico di giovedì scorso, il Nobel per l’Economia ha scritto un articolo sul Guardian dal titolo “The austerity delusion”, l’illusione dell’austerità, in cui spiegava che il modello economico-politico adottato da Cameron e dal suo cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, era sbagliato – con il rigore non generi prosperità nel lungo periodo, dice Krugman – oltre che non del tutto radicale come i Tory cercavano di far credere. E’ un grande classico dell’economista americano neokeynesiano, questo, da sempre impegnato a contrastare tutto quel che sa di liberista, tanto che i suoi continui interventi hanno causato parecchi nervosismi nel campo conservatore: perché non la pianta di attaccarci?, chiedevano molti dei Tory impegnati nella campagna elettorale. Poi gli inglesi hanno deciso di dare a Cameron un secondo mandato: il premier deve finire il lavoro che ha iniziato, e lo può fare senza dover scendere a compromessi con compagni di coalizione.

 

Così nel fine settimana c’è stato un regolamento di conti di quelli brutali (e imperdibili), aperto dallo storico britannico liberista Niall Ferguson sul Financial Times: i neokeynesiani, e soprattutto Paul Krugman, dovrebbero sentirsi “vergognosamente umiliati”, e i laburisti così come i sondaggisti dovrebbero star lontani da qualsiasi cosa abbia a che fare con il keynesismo, se vogliono imbroccarne una. Krugman è stato più volte citato nella campagna elettorale del Labour, assieme all’altro astro del neokeynesismo, il francese Thomas Piketty (autore di un endorsement al Labour di Ed Miliband che ancora grida vendetta), come testimoni del fallimento in corso dell’austerità cameroniana. Ferguson impietoso ricorda quando, dalle colonne del New York Times, Krugman iniziò nel 2011 a parlare degli errori britannici, dell’“esperimento dell’austerità” destinato a finire “male, molto male”, del “disastro politico” del governo dei Tory, della “spirale mortale” verso la recessione “double dip”, che avrebbe impedito al Regno Unito di prosperare per anni, della “favola della fiducia”, secondo la quale Cameron pensava di attirare investitori stabilizzando il paese. La storia è andata diversamente, come si sa: l’Inghilterra ha avuto la migliore performance dei paesi del G7 l’anno scorso con una crescita del 2,6 per cento, ha creato quasi due milioni di posti di lavoro dal 2010, la disoccupazione è al 5,6 per cento, l’inflazione è sotto al due, il deficit è passato dal 10 al 5,7 per cento dal 2009 al 2014: non quanto voleva Osborne, certo, ma il lavoro è appunto cominciato. L’illusione insomma è stata quella di Krugman.

 

[**Video_box_2**]Il Nobel per l’Economia però non si è mostrato affatto umiliato, la vergogna non c’è da nessuna parte, e in un post sul suo blog, che comincia dicendo: “A volte succedono cose buone alle cattive idee, anzi succedono sempre”, scrive: le elezioni inglesi dimostrano che gli elettori scelgono sulla base di quel che accade negli ultimi sei mesi prima del voto, e in questo lasso di tempo il governo Cameron ha allentato di molto l’austerità (ma se si guarda il budget di Osborne presentato a un mese dal voto si vede che gli obiettivi del rigore non sono affatto laschi). “La riesumazione dell’austerità – scrive Krugman – porterà a un altro periodo di stagnazione”, perché a tenere in piedi il Regno Unito, che continua ad avere problemi “con la bolla immobiliare e con il deficit nel commercio”, non è stato il rigore, bensì il Quantitative easing e nel resto dell’Europa l’euro debole. “Il mio pessimismo può essere del tutto sbagliato”, conclude Krugman, ma questa nuova fase di “stop-go austerity” sarà un disastro. Come quella prima, dicono i suoi solerti fan, come Matt Yglesias, che su Vox.com ha spiegato in sette punti perché Krugman ha ragione: i fondamentali del Regno Unito non sono solidi. Sarà, ma nel mondo del Labour tramortito si dice che l’unico momento di lucidità mostrato da Miliband è stato la sua promessa di non fare danni sui conti, predisponendo solo spese con coperture. Un’illusione di austerità fuori tempo massimo, che non è servita a niente.

Di più su questi argomenti:
  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi