Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi (foto LaPresse)

La Terza via di Sisi

Redazione
Per il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, gli sforzi compiuti dall’occidente e dal mondo davanti alle minacce del terrorismo e del fondamentalismo islamico non sono sufficienti.

Per il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, gli sforzi compiuti dall’occidente e dal mondo davanti alle minacce del terrorismo e del fondamentalismo islamico non sono sufficienti. In un’intervista pubblicata mercoledì dal giornale spagnolo El Mundo e tradotta in italiano dal Corriere della Sera, Sisi dice che “la mappa del terrorismo si va allargando”, e lascia capire che i due approcci usati finora per combattere l’estremismo mancano di un elemento fondamentale. “Non si tratta semplicemente di iniziative militari ed economiche”, dice Sisi ai due giornalisti Casimiro García Abadillo e Francisco Carrión, “ma anche di discorso religioso”. Le “iniziative militari ed economiche” sono i due strumenti fondamentali con cui l’occidente, nel migliore dei casi, contrasta il terrorismo da sempre: da un lato gli aiuti allo sviluppo e dall’altro, quando la minaccia si fa pressante, l’intervento militare, come quello che la coalizione a guida americana sta compiendo contro lo Stato islamico in Iraq e Siria in questi mesi.

 

Entrambe sono risorse fondamentali, dice Sisi, ma l’economia e l’intervento militare sono armi spuntate se non si affronta dapprima la questione religiosa. Il presidente egiziano, leader islamico e laico, è nella posizione di dire quello che l’occidente spesso non vuole riconoscere: se non si considera la questione religiosa e quindi l’islam politico, il problema della sicurezza non sarà mai risolto. Il legame tra islam, estremismo e violenza è strutturale; non potrà essere sciolto senza una riforma religiosa, una “rivoluzione”, come l’ha chiamata Sisi in un discorso ormai celebre tenuto davanti alle massime autorità dell’islam egiziano all’Università al Azhar del Cairo. Il presidente egiziano non ha ancora dissipato tutti i dubbi sulla sua rivoluzione e su come intende declinare il rapporto tra stato laico, religione e islam politico. Si sa per certo che intende annichilire la presa politica della Fratellanza musulmana, con timide aperture alle minoranze religiose cristiane nel paese. Fatto sta che su un punto dovremmo ascoltare Sisi: senza una rivoluzione religiosa nell’islam, contro il terrorismo non c’è aiuto economico o bombardamento che tenga.

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