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L'occidente che si piange addosso

Redazione
Senza considerare l’islam non si può interpretare il caos nel Mediterraneo. L’illusione che il conflitto di fondo sia scomparso è un’eredità fallace del periodo coloniale, quando il dominio militare dell’occidente aveva tacitato o sopito le tensioni , che si sono ripresentate da quando è cessato l’equilibrio e il controllo bipolare della Guerra fredda.

Matteo Renzi, nel suo buon discorso alle Camere di mercoledì, ha detto che per bloccare lo schiavismo del XXI secolo, “dall’Europa e dalla comunità internazionale serve una risposta politica, perché non è una reazione emotiva quella che può seguire una strage di queste proporzioni”. E’ vero, l’emotività non aiuta. Così come, a centrare meglio i problemi di questi giorni, non aiutano le riflessioni di molti autorevoli commentatori sulle ragioni profonde della tragedia dei migranti che sarebbero collegate alle responsabilità dell’occidente, e del “naufragio dei suoi valori”. E’ davvero così? A noi questa pare un’analisi che risente di una sorta di imperialismo culturale, come se i “valori dell’occidente”, a cominciare dalla libertà e responsabilità della persona di origine giudeo-cristiana, fossero universalmente accettati. Non è così: ci sono altre civiltà che, pur avendo in qualche modo subìto o accettato gli elementi materiali della civiltà occidentale, la tecnologia, i consumi, il mercato, li innestano in una visione dell’uomo diversa. Avviene in Cina e in India, così come nei paesi islamici.

 

Questa alterità irriducibile, che è stata illustrata in modo magistrale da Joseph Ratzinger a Ratisbona, non può essere cancellata o trascurata quando si tratta di interagire con quei popoli e quei paesi. L’illusione che il conflitto di fondo sia scomparso è un’eredità fallace del periodo coloniale, quando il dominio militare dell’occidente aveva sopito le tensioni, che si sono ripresentate da quando è cessato l’equilibrio e il duplice controllo bipolare durante la Guerra fredda. Questo non significa, naturalmente, che non sia necessaria un’azione politica diplomatica e probabilmente militare per stroncare i fenomeni più aberranti, dalla dissoluzione degli stati in contese tribali alla crescente influenza delle centrali terroristiche alla tratta dei migranti. Se però si parte dall’autoflagellazione dell’occidente non si va da nessuna parte. Ci può e ci deve essere un approccio razionale, una realpolitik che faccia affidamento sui rapporti con i regimi più stabili, senza chiedere a nessuno i documenti di affidabilità umanitaria – come peraltro si fa da sempre per esempio con l’Arabia Saudita, che non è certo un esempio di libertà religiosa. Tutto ciò, non può essere contenuto dentro un involucro di retorica sui valori basata sulla fallace convinzione che essi siano effettivamente condivisi, o sull’esportazione della democrazia che poi si traduce nel disastro anarcoide delle primavere arabe, finite quasi ovunque nell’anarchia o nella restaurazione delle dittature militari tradizionali.

 

[**Video_box_2**]Non è un atteggiamento cinico quello che riconosce le differenze e che punta a realizzare i propri obiettivi partendo dall’esigenza di intese e di scontri con altri da noi, che hanno la loro visione e che portano la responsabilità delle conseguenze tremende degli errori e dei crimini commessi spesso in nome di una religione o di una civiltà. Se l’occidente si assume anche le colpe che non ha, rischia di perdere l’autorità che deriva dalla sua forza economica e militare, ma anche dalla sua concezione della vita e della libertà, che deve essere difesa dai suoi nemici, oggi come settant’anni fa.

 

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