Il presidente americano Barack Obama e quello cubano Raúl Castro si stringono la mano al vertice di Panama (foto LaPresse)

La voglia matta di Obama a Cuba

Redazione
La necessità di un accordo storico fa dimenticare gli orrori del castrismo. "Non sono interessato a combattere battaglie che, francamente, sono iniziate prima che nascessi”, ha detto il presidente americano.

    "Non sono interessato a combattere battaglie che, francamente, sono iniziate prima che nascessi”. Il presidente americano Barack Obama, al vertice delle Americhe di Panama, ha usato una sintesi grezza ma efficace per descrivere il modo apparentemente frettoloso con cui il presidente desidera ristabilire rapporti diplomatici con Cuba, e aggiungere così un nuovo deal strategico alla sua legacy. Questa urgenza si è vista martedì notte, quando la Casa Bianca ha dato il suo appoggio all’eliminazione di Cuba dalla lista dei paesi sponsor del terrorismo. Era questa la condizione essenziale che Raúl Castro aveva posto, con toni a volte di sfida, per il ristabilimento delle relazioni tra i due paesi.

     

    Il mantenimento di Cuba sulla lista, nonostante la sua limitata pericolosità, era visto dagli analisti come una mossa politica, ma altrettanto politica è stata la capitolazione quasi subitanea di Obama, che ha accettato le condizioni di Castro senza, per ora, ricevere in cambio contropartite. Cuba ha smesso da tempo, per ragioni economiche, di finanziare le guerriglie di estrema sinistra nel mondo, ma ha continuato a dare asilo e sostegno a molti terroristi, come quelli dell’Eta in Spagna, o a far da tramite dei traffici di paesi terroristici, come la Corea del nord e l’Iran. Negli Stati Uniti, i dissidenti protestano per i favori concessi a un regime che non ha ancora smesso di perseguitare i suoi oppositori, ma per Obama questi sono anacronismi, aporie che si rottameranno da sole.