Per Khamenei l'accordo sul nucleare "non è garantito"

Paola Peduzzi
Dopo la festa di Losanna, con l’accordo sul programma nucleare iraniano preliminare a uno più grande e completo entro il 30 giugno, è arrivato il momento di far digerire il deal presso il proprio pubblico di riferimento. Il problema delle sanzioni

Dopo la festa di Losanna, con l’accordo sul programma nucleare iraniano preliminare a uno più grande e completo (e dettagliato) entro il 30 giugno, è arrivato il momento di far digerire il deal presso il proprio pubblico di riferimento. Barack Obama ha il Congresso americano da convincere – e ieri l’account Twitter della Casa Bianca ha iniziato la sua campagna di persuasione, con un grafico che raffigura una bomba e che sembra proprio un motteggiamento della famosa bomba che il premier Benjamin Netanyahu ha mostrato all’Onu nel 2012, opponendosi a ogni negoziato con Teheran – e la leadership iraniana ha i suoi falchi, i pasdaran, da allineare. Per questo sono intervenuti sia il presidente, Hassan Rohani, sia la Guida Suprema, Ali Khamenei. Rohani ha detto che vuole “la sospensione delle sanzioni il giorno dopo l’accordo”, tutto e subito, “altrimenti non ci sarà alcun patto”. Le tempistiche non sono ancora chiare, fin da subito il ministro degli Esteri Javad Zarif, ancora a Losanna, ha parlato di una sospensione immediata, mentre John Kerry, segretario di stato americano, parlava di sospensione “graduale”. Per evitare il collasso del negoziato, la questione è stata rimandata, ma è chiaro che per Rohani, che sulla necessità economica dell’accordo ha costruito tutto il suo consenso, è necessario mostrare qualcosa subito. Così come è necessario dire che “la nazione iraniana è stata e sarà la vincitrice del negoziato” di Losanna, e che “il nostro primo obiettivo era che il presidente Obama realizzasse il fatto che gli iraniani non si piegheranno al bullismo, alle sanzioni e alle minacce”. E’ necessario, ma è un problema, perché la posizione degli Stati Uniti sulla questione della rimozione sanzioni è davvero diversa da quella che dice Rohani.

 

Khamenei ha parlato all’incontro settimanale con gli intellettuali del regime e ha detto di non essere “né a favore né contro l’accordo”, perché i dettagli non ci sono ancora, e tutto sta lì, può essere che “l’altra parte voglia limitarci nei dettagli”. La Guida Suprema ha aggiunto, riporta la Reuters, dicendo di non essere mai stato “ottimista” sul negoziato ma di aver sostenuto i negoziatori, che la Casa Bianca “ha pubblicato una dichiarazione qualche ora dopo la fine dei colloqui e questa dichiarazione, che loro chiamano ‘fact sheet’, era sbagliata in molte sue parti”. Tutto può accadere quindi, l’accordo “non è garantito” né è garantito il fatto “che si arrivi fino alla fine dei colloqui”.

 

[**Video_box_2**]Rohani detta una condizione definitiva, Khamenei fa lo scettico: è chiaro che c’entra la strategia di comunicazione interna, ma la strada dell’accordo che in occidente è stato venduto come inevitabile e anzi imprescindibile, è ancora molto accidentata.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi