Benjamin Netanyahu e Barack Obama (foto LaPresse)

Obama tradisce Israele e ne svela i segreti della bomba atomica

Giulio Meotti
Il Pentagono rende pubblico il documento su come Gerusalemme ha fabbricato testate nucleari. E’ la fine dell’“utile ambiguità”

Roma. L’arsenale atomico di Israele è un segreto di Pulcinella. Tutto si è svolto clandestinamente. Anche i finanziamenti negli anni vennero mascherati sotto altre voci di bilancio. Mantenere il segreto era una priorità assoluta e i dirigenti israeliani non hanno mai esitato a mentire ogni volta che è stato necessario. La stessa bomba non è stata mai veramente sperimentata. “Gli israeliani sanno così bene quel che fanno – disse il grande fisico Edward Teller – che non hanno bisogno di un vero esperimento: certo, possono sbagliarsi di un qualche kilotone in più o in meno. Ma che differenza fa?”. In settant’anni, Gerusalemme ha sempre ripetuto la formula che Shimon Peres utilizzò per rispondere a John Kennedy: “Non saremo i primi a introdurre armi atomiche in medio oriente”. E’ la dottrina della “utile ambiguità”: né confermare, né smentire. Il presunto arsenale che, mai pubblicizzato o confermato, fa da deterrente verso i nemici, senza violare le richieste di non proliferazione (il Trattato di non proliferazione nucleare è stato firmato da 189 paesi e solo Israele, India, Pakistan, Corea del nord non lo hanno mai sottoscritto). La centrale atomica di Dimona, nel deserto del Negev, costituisce la grande, ultima garanzia per la sopravvivenza del popolo ebraico, ma senza bisogno di sbandierarla in faccia ai nemici. Tutto il mondo sa che Israele è l’unico stato nuclearizzato dell’area.

 

Finora gli Stati Uniti si erano sempre rifiutati di rivelare questo segreto. Finora. Fino a Barack Obama. Due giorni fa il governo americano ha declassificato un documento top secret del 1987 che parla dell’atomica di Gerusalemme. Sono 386 pagine dal titolo “Critical Technological Assessment in Israel” e vi si spiega che “i laboratori nucleari di Israele sono l’equivalente (in America, ndr) di Los Alamos, Lawrence Livermore e Oak Ridge”. Come scrive su Forward Michael Karpin, autore di “The Bomb in the Basement. How Israel Went Nuclear and What That Means for the World” ( Simon & Schuster, 2006), “in vista della tensione aumentata ultimamente tra Washington e Gerusalemme, la tempistica del declassamento della pubblicazione, dopo un lungo processo legale, potrebbe far sollevare molte sopracciglia. Non ho mai visto un documento americano ufficiale su argomenti che fino ad ora erano stati considerati da entrambe le amministrazioni come segreti indicibili”. Il rapporto descrive in dettaglio il progresso tecnologico di Israele negli anni 70 e 80.

 

[**Video_box_2**]La parte più sorprendente del rapporto del Pentagono afferma che gli israeliani sanno “sviluppare il tipo di codici che consentiranno loro di realizzare bombe all’idrogeno”. In pratica, è la conferma che negli anni Ottanta gli scienziati israeliani erano in grado di raggiungere la capacità di fusione dell’idrogeno, e costruire il tipo di bombe mille volte più potenti di quelle atomiche. Va ricordato che già nel 2010 Obama chiese a Israele di partecipare a un summit a Washington contro la proliferazione atomica. Il premier Benjamin Netanyahu spedì una delegazione di basso profilo, non perché non condividesse le finalità del trattato, ma perché Israele si riserva ufficialmente il diritto di dotarsi di quelle armi il giorno che lo facesse un suo nemico giurato (e sono tanti nella regione). Inoltre, il Trattato è stato ratificato anche da paesi come Siria, Iraq e Iran che hanno cercato o stanno cercando di acquisire testate nucleari. Alla luce dei colloqui sull’atomica iraniana in Svizzera, i tempi del declassamento al Pentagono potrebbero rivelarsi a dir poco problematici per Gerusalemme. Sarà sempre più difficile mantenere la politica di ambiguità sul programma nucleare di Israele e, di conseguenza, questo rafforzerà le ambizioni all’uranio arricchito dell’Iran. Lo stato ebraico, intanto, è sempre più solo. E Washington sempre più lontana.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.