Asim Qureshi (foto LaPresse)

Lusso e jihad. La dolce vita del capo della ong dei diritti umani

Giulio Meotti
Villa nel Surrey, scuola elitaria, matrimonio imperiale. Qureshi, il cuore tenero a favore della lapidazione

Roma. Vecchia storia quella dei ricchi che flirtano con l’estremismo politico pretendendo di fare del bene. Come dimenticare la cena a casa del grande Leonard Bernstein a Park Avenue, dove i capi delle Pantere nere spiegarono come volevano rovesciare il governo degli Stati Uniti a Paul McCartney e Norman Mailer, Jason Epstein e Robert Silvers, lo psichiatra dei bambini Robert Coles e Mary McCarthy? Oppure che Ulrike Meinhof era la figlia di un direttore di museo e che viveva in una villa, e come lei gli altri terroristi, tutti ragazzi della Germania rispettabile, figli di quella classe di funzionari dello stato, magistrati, poliziotti, attori, professori, avvocati, industriali che essi volevano rovesciare. E ad aiutarli, a dare loro rifugio e denaro, non furono politicanti o agitatori, ma intellettuali, professori universitari, scultori, sacerdoti, teologi, attori, giornalisti.
Adesso c’è la vicenda di Asim Qureshi. E’ il capo della ong dei diritti umani Cage, che dopo la rivelazione dell’identità di “Jihadi John” non soltanto lo ha definito “beautiful, gentle young man”, ma ha anche accusato la società inglese di essere colpevole per la radicalizzazione della sua gioventù: “Abbiamo ora la certezza che ci sono gruppi di giovani britannici la cui vita non solo è stata rovinata dai servizi segreti, ma che si sono dati alla violenza a causa delle politiche anti terrorismo adottate dalla Gran Bretagna”, ha detto Qureshi. Poi, in un video ripreso di fronte all’ambasciata americana a Londra, si vede Qureshi inveire contro l’occidente e a favore del jihad. Il capo della ong invita a “sostenere il jihad dei nostri fratelli e sorelle in Iraq, Afghanistan, Palestina e Cecenia”. E ancora: “Quando vediamo Hezbollah sconfiggere le armate di Israele, sappiamo dov’è la soluzione e la vittoria. Allahu Akbar!”.

 

Adesso il Daily Mail ha scoperto che Qureshi è anche uno dei capi più ricchi dell’umanitarismo anglosassone. Una vita da favola. Altro che i diseredati, coloro, per dirla con Karl Marx, che avrebbero da perdere soltanto le loro catene. Come Umar Farouk Abdulmutallab, il figlio di un banchiere prima che l’attentatore del volo di Natale Amsterdam-Detroit, che viveva in un palazzo di Mansfield Street con il portone liberty (costo due milioni di euro). O come Aqsa Mahmood, una delle ragazze inglesi di maggior profilo dello Stato islamico, che prima di partire per la Siria viveva a Pollokshields, uno dei quartieri più ricchi di Glasgow, in una grande villa indipendente, dove i prezzi delle case superano regolarmente il mezzo milione di sterline. Come Omar Khan Sharif, che si è fatto esplodere in un bar di Tel Aviv, era il figlio di un ricco uomo d’affari, Sardar Sharif, che aveva mandato il figlio in una delle più elitarie scuole del Regno Unito, la Foremarke Hall di Repton, che ha avuto per alunni gente come Roald Dahl, Christopher Isherwood e l’ex arcivescovo di Canterbury, Lord Ramsey. E’ la conferma di uno studio della London Queen Mary University, secondo cui in Inghilterra “le persone che provengono dalle famiglie abbienti sono anche le più disposte a simpatizzare con la violenza politica”.

 

Asim Qureshi vive in una villa nella campagna del Surrey del valore di settecentomila sterline, comprensiva di campo da tennis e pista ciclabile, non lontano da quella di John Lennon e Yoko Ono. La moglie di Qureshi, Samira, viene dalla dinasty musulmana degli Ahmed, che ha costruito un impero nel sud della Scozia. Il cognato di Qureshi, Zahier, è entrato nella lista dei cento giovani inglesi più ricchi stilata dal Sunday Times, a fianco del principe William. Qureshi è andato poi alla Whitgift School nel sud di Londra, pagando una rata annuale di diciottomila sterline. Gli studenti arrivano spesso con macchine Bentley, con le Rolls-Royce e le Aston Martin.

 

[**Video_box_2**]E’ lo stesso Qureshi che ha ammesso di aver avuto un ruolo da mentore per Michael Adebolajo, il terrorista islamico che ha ucciso con un machete il soldato Lee Rigby.

 

Dopo le rivelazioni sull’islamismo violento di Qureshi, molte fondazioni umanitarie, come Joseph Rowntree Charitable Trust e Roddick Foundation, hanno annunciato che avrebbero tagliato le loro donazioni alla ong Cage. Non potevano fare altrimenti dopo aver visto Qureshi sulla Bbc, rifiutarsi ripetutamente di condannare la lapidazione delle donne. Il presentatore dello show, Andrew Neil, ha chiesto a Qureshi di condannare una serie di pareri basati sulla sharia: “Non sono un teologo”, ha detto Qureshi, aggiungendo: “Non ho assolutamente idea di cosa si sta parlando”. E ancora: “Il jihad fa parte della religione islamica”. E’ lo stesso Qureshi che, sorridendo, accoglieva alle serate di fundraising le star della literary London e dello showbiz, come Vanessa Redgrave, Victoria Brittain, Peter Oborne e Sadiq Khan.

 

Qualcosa di simile alla “crudele allegria” immortalata da Tom Wolfe nel salotto di casa Bernstein vibra nella storia di questi paladini dei diritti umani ricchi sfondati e del loro Londonistan in guerra con gli “infedeli”. Lusso e jihad.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.