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Editoriali

Evviva le primarie. Un grande valore democratico, al di là dei candidati

Redazione

Non è il sistema a produrre gli effetti indesiderati e deprecabili ma è, al contrario, la scarsa consapevolezza della sua potenzialità a renderli possibili. Ora dovrebbe essere chiaro a tutti che non c’è più spazio per i giochi

Il meccanismo complesso, forse addirittura troppo complicato del congresso del Pd e la fase evanescente delle votazioni nei circoli, che peraltro ha messo in luce una debolezza quantitativa e qualitativa del tesseramento, rischiano di ridurre o addirittura di occultare il grande valore democratico dell’elezione del segretario attraverso primarie tra gli elettori. È un peccato, perché, anche se i candidati possono non essere attraenti o convincenti, resta il fatto straordinario che chi vincerà nel confronto avrà un mandato di tipo straordinariamente più rilevante di quello di tutti gli altri leader politici. Di questo debbono convincersi, prima di tutto, gli esponenti e i dirigenti del Pd, che in passato non hanno saputo sempre trarre le conseguenze naturali di un processo democratico di questa natura, il che ha portato spesso gli sconfitti a uscire per fondare partitini irrilevanti o a rendere impossibile la gestione del partito a chi ha avuto il mandato popolare, facendo prevalere logiche correntizie autolesioniste.

 

Non è il sistema delle primarie a produrre questi effetti indesiderati e deprecabili, è, al contrario, la scarsa consapevolezza del suo valore a renderli possibili. Spesso è stato il gruppo dirigente del Pd a spaventarsi dell’innovazione che essi stessi peraltro avevano lodevolmente introdotto. Ora dovrebbe essere chiaro a tutti che non c’è più spazio per questi giochi, che il mandato delle primarie deve essere rispettato, dai vincitori e dagli sconfitti, nella logica di una dialettica democratica interna che sia di arricchimento e non  contrapposizione paralizzante. D’altra parte l’esito delle micro formazioni nate in seguito alle scissioni dal Pd (Bersani è tornato nel Pd, l’esperienza di Renzi e Calenda è ancora da misurare) dovrebbe far capire che chi non accetta il mandato popolare del segretario eletto con le primarie difficilmente riesce a incidere fuori dal partito mentre avrebbe potuto esercitare una funzione più incisiva dall’interno. Qualsiasi cosa si pensi di chi concorre a vincerle, le primarie restano un esempio. E una lezione di democrazia.

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